I Savoia faranno causa allo Stato per riavere indietro i gioielli
di Laura Di Stefano | 01 Febbraio 2022 @ 07:27 | CULTURA
ROMA – Il 5 giugno del 1946 Umberto II consegnò all’allora governatore della Banca d’Italia, Luigi Einaudi, il cofanetto che racchiude all’interno 6732 brillanti, oltre duemila perle, un raro diamante rosa e il diadema della regina Margherita, un tesoro che oggi viene richiesto dagli eredi Savoia.
«Si affidano in custodia alla cassa centrale, per essere tenuti a disposizione di chi di diritto, gli oggetti preziosi che rappresentano le cosiddette gioie di dotazione della Corona del Regno», con queste parole vennero consegnati i gioielli. Una formula vaga, che, secondo Alessandro Sacchi, presidente dell’Unione monarchica italiana, dimostrerebbe che il re fosse consapevole che il tesoro contenuto nel cofanetto non appartenesse alla famiglia, ma alla Corona, pertanto ai Savoia, solo fino all’esercizio della monarchia.
Il cofanetto, chiuso da undici sigilli, è conservato in un caveau della Banca d’Italia dal giorno di consegna, i gioielli infatti, non sono stati mai esposti pubblicamente, e non è mai stata fatta una valutazione aggiornata sul loro valore. Soltanto negli anni ’60 venne eseguito un inventario alla presenza di Gianni Bulgari, convocato come esperto, il quale visionò circa 300 pietre, ma non si ebbe una valutazione complessiva dei gioielli e del loro valore storico.
Dopo 76 anni per la prima volta, gli eredi Savoia, il principe Vittorio Emanuele e le principesse Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice, rivendicano la proprietà in maniera formale, come riporta il Corriere della Sera, intervistando il portavoce della famiglia, Emanuele Filiberto, il quale dichiara «L’importante è che dopo averli tenuti sotto chiave per 75 anni tornino alla luce, possano essere visti. Però il primo passo è che ce li restituiscano, poi decideremo in quale forma renderli di fruizione pubblica. Penso anche a un museo. Intanto adesso andiamo avanti, pronti a portare la cosa alla Corte Europea».
Si è tenuto un incontro di mediazione per discutere sulla modalità della restituzione tra il legale della famiglia Savoia, l’avvocato Sergio Orlandi, e i rappresentanti della Banca D’Italia, della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia. Tale incontro non è andato a buon fine, sia per l’assenza dei rappresentanti della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia, sia perché la Banca d’Italia non ha voluto esprimersi, in quanto ente preposto soltanto alla custodia del bene, e non proprietario. Pertanto la famiglia Savoia è disposta a citare in giudizio i tre enti rappresentanti, ed andare avanti con la causa civile.
La questione creerà un acceso dibattito legale e un lungo processo, poiché, i gioielli, a differenza degli altri beni e proprietà dei Savoia, non sono mai stati confiscati dallo stato, ma “affidati in custodia”, ed alcuni di essi donati come regali o acquistati dai membri della famiglia, pertanto non sono presenti nella tredicesima disposizione finale e transitoria della Costituzione, la quale specifica: «I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli».