Affermazioni «assolutamente approssimative, generiche e inefficaci in relazione ai doveri di previsione e prevenzione»: lo afferma il giudice del tribunale dell'Aquila Marco Billi nelle motivazioni della sentenza che nell'ottobre scorso ha condannato i componenti della Commissione Grandi Rischi in relazione al sisma del 2009.
Nel documento di 940 pagine, depositato due giorni prima del termine previsto, si legge: «La contestazione agli imputati appare pienamente fondata: le affermazioni riferite alla valutazione dei rischi connessi all'attività sismica sul territorio aquilano sono risultate assolutamente approssimative, generiche e inefficaci». Ai 7 componenti della Grandi Rischi che si riunì all'Aquila pochi giorni prima del 6 aprile 2009 è stata inflitta una condanna a 6 anni per omicidio colposo e lesioni colpose. «La mancata analisi del rischio e le risultanze rassicuratorie sono emerse dalla riunione della Commissione Grandi Rischi, che hanno indotto gli aquilani a restare in casa mentre, con una condotta più prudente, si sarebbero potute salvare alcune vite».
«All'Aquila, il 31 marzo 2009, gli imputati agirono effettivamente in qualita' di componenti della commissione Grandi rischi come contestato nel capo di imputazione». Lo evidenzia nella mille pagine di motivazione il giudice del Tribunale dell'Aquila, Marco Billi, sulla condanna dei rappresentanti dell'organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. «Non e' corretto sostenere che la commissione Grandi rischi, per le questioni connesse al rischio sismico non e' strutturalmente in grado di riunirsi con dieci soggetti», come previsto dalla legge, scrive Billi rispondendo a una delle principali obiezioni mosse dalle difese dei sette imputati, e anche direttamente dall'imputato Franco Barberi, che quella del 31 marzo 2009 non fosse una riunione ufficiale della commissione. Secondo Billi, la legge di istituzione della Cgr «e' analitica e coerente poiche' stabilisce criteri di operativita' specifici che si adattano alle diverse possibili situazioni e ai diversi possibili contesti nei quali puo' essere chiamata a operare». Quanto all'assenza di molti componenti e alla presenza di esperti esterni che formalmente non erano parte della commissione, il giudice valuta queste eccezioni come «meno pretestuose e certamente piu' ricche di contenuto argomentativo». Sposando in pieno la tesi dell'accusa, pero', Billi ricorda poi che la norma prevede che «alle riunioni, oltre ai membri nominativi, possano partecipare senza diritto di voto i direttori degli enti, istituti, centri di competenza e delle strutture competenti dell'Ingv, esperti esterni o autorita' competenti in materia di protezione civile, i direttori degli uffici del Dipartimento interessati agli argomenti posti all'ordine del giorno». E conclude che quella era ufficialmente una riunione della Cgr e come tale va giudicata».
«Il presente processo non e' volto alla verifica della fondatezza, della correttezza e della validita' sul piano scientifico delle conoscenze in tema di terremoti. Non e' sottoposta a giudizio “la scienza” per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6.4.09». «E', dunque, pacifico – ha aggiunto – che i terremoti non si possono prevedere, in senso deterministico, perche' le conoscenze scientifiche (ancora) non lo consentono; ed e' altrettanto pacifico che i terremoti, quale fenomeno naturale, non possono essere evitati: il terremoto e' un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile. Per gli stessi motivi nessuno e' in grado di lanciare allarmi, scientificamente fondati, circa una imminente forte scossa». «Ma, sulla base del quadro normativo, deve dirsi che l'esposizione, seppure motivata e condivisibile, di questo dato non esaurisce il compito degli imputati: l'affermazione secondo cui il terremoto e' un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile costituisce, infatti, solo la premessa dei compiti normativamente imposti agli imputati poiche', per quanto previsto dalla legge e per quanto richiesto dalla loro qualita' e dalle funzioni della Commissione da essi composta, il giudizio di prevedibilita'/evitabilita', su cui si basa la responsabilita' per colpa contestata nel capo di imputazione, non andava calibrato sul terremoto quale evento naturale, bensi' sul rischio quale giudizio di valore; al fine, come recita l'art. 5 L. 401/01, di tutelare l'integrita' della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamita' naturali, da catastrofi o da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave rischio. E proprio sulla corretta analisi del rischio – scrive sempre Billi – andava, di pari passo, calibrata una corretta informazione».