Grandi Rischi, il processo dimenticato dalle istituzioni

di Alessio Ludovici | 30 Marzo 2022 @ 06:00 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – “Non si tratta di un mancato allarme, l’allarme era già venuto dalle scosse di terremoto. Si tratta del mancato avviso che bisognava andarsene dalle case”. E’ quanto dichiarò al Tg Abruzzo il Procuratore della repubblica dell’Aquila, Alfredo Rossini, commentando la notifica della conclusione delle indagini sulle risultanze della riunione della Commissione Grandi rischi del 31 marzo 2009.

I processi in realtà verteranno su altro, su quello che non avrebbe dovuto fare la Commissione, cioè rassicurare e prevedere un non terremoto come da felici definizioni del professor Antonello Ciccozzi. Ma la questione del mancato allarme e dell’evacuazione rimasero nell’ondata mediatica del paese, furono usate anche strumentalmente – il “processo alla scienza” – dalle difese d’ufficio e influenzarono profondamente l’opinione pubblica del paese. Con effetti probabilmente nefasti perché il cosa si farebbe oggi, dopo 13 anni, di fronte ad uno sciame sismico, rimane sostanzialmente senza risposta. Nessuno negli anni successivi è mai stato evacuato in presenza di uno sciame sismico, nessuno se ne è fatto un problema né sembra cambiato molto in termini di procedure. Da un punto di vista delle istituzioni del paese il processo sulla Commissione Grandi Rischi sembra non esserci mai stato.

Tornando al cosa non avrebbe dovuto fare quella Commissione, ormai è storia, anche processuale, seppur con un esito quanto meno discusso. Dopo 13 anni però nessuno si lancerà in facili rassicurazionismi di fronte ad uno sciame sismico, ed è già qualcosa.

O almeno non lo farà davanti le tv. Dei sette membri della Commissione condannati in primo grado, infatti, arriverà a condanna definitiva il solo Bernardo De Bernardinis, il volto esterno di quella riunione, un uomo per bene che pagò, come inviato di Bertolaso in quella riunione, l’aver riportato alla stampa quanto emerso dagli esperti. Se la caveranno gli altri sei, gli esperti, Franco Barberi, all’epoca presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Ingv, Giulio Selvaggi, all’epoca direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, all’epoca direttore di Eucentre, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, all’epoca direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. Le motivazioni della condanna puntarono proprio sulla rassicurazione proposta agli aquilani circa la presunta non pericolosità sismica della situazione, elemento di accusa desunto anche dalla consulenza dell’antropologo Ciccozzi dell’Università degli Studi dell’Aquila. La giustizia però ha di fatto escluso che il problema fosse riconducibile a quanto emerso in riunione. Un esito quanto meno bizzarro.

La Commissione, secondo le accuse, anziché fare il proprio lavoro, venne a tranquillizzare la popolazione e lo fece per rispondere al panico che sarebbe stato generato dalle previsioni di Giampaolo Giuliani. Un’operazione mediatica, lo diceva Bertolaso nella famosa intercettazione con l’assessore provinciale Stati.

Curiosamente di “operazioni mediatiche” si è tornati a parlare, massicciamente e come nulla fosse, durante la pandemia. Bastava accendere una qualsiasi Tv e ascoltare politici ed esperti presentare i più disparati provvedimenti emergenziali come operazioni mediatiche, volte a convincere gli italiani, figli irrequieti per nascita, ad educarli, a plasmarli, a indirizzarli più che a risolvere problemi. Un paternalismo che non dispiace a molti, governanti e governati, ma che lascia il dubbio che non sia la strada giusta per diventare cittadini consapevoli, pronti a convivere con i rischi e le responsabilità. 


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