Premio Borsellino. Francabandera: “Cari studenti, studiate per vincere l’odio”
Nel 'Giorno della memoria' convegno con la presidente della Corte d'Appello dell'Aquila, lo storico e avvocato Guerrieri e il dirigente Usr Bocchia insieme agli studenti di alcune classi degli istituti scolastici superiori d’Abruzzo
di Marianna Gianforte | 29 Gennaio 2023 @ 05:09 | ATTUALITA'
L’AQUILA – “Il premio Borsellino è una realtà bellissima che fa una merotoria opera di inclusione e di impegno sui temi della legalità. Oggi si ricorda la liberazione ad Auschwitz. Dobbiamo coltivare il vizio delal memoria per non dimenticare da quale parte sono i torti e da quale le ragioni. Io sono giudice ormai da molti anni e come si sono comportati i giudici in un momento così drammatico come quello della violazione della legalità che avvenne con le leggi razziali”. Sono le parole commosse che la presidente della Corte d’Appello dell’Aquila Fabrizia Francabandera ha rivolto ai giovani e alle giovani di diversi istituti abruzzesi che venerdì 27, giorno della Memoria che celebra in tutto il mondo la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, hanno partecipato al primo appuntamento del Premio nazionale Paolo Borsellino con un incontro dedicato al ricordo delle vittime dell’Olocausto e al contrasto di ogni forma di violenza.
All’iniziativa, organizzata dal Comune dell’Aquila con la collaborazione dell’associazione società civile e dell’associazione nazionale magistrati, hanno partecipato, oltre a Francabandera, anche lo storico e avvocato Luigi Guerrieri e il dirigente dell’ufficio scolastico regionale Giuliano Bocchia, insieme agli studenti di alcune classi degli istituti scolastici superiori d’Abruzzo e gli attori del Teatro Paolo Grassi di Milano per le letture dedicate a Primo Levi e Liliana Segre.
“L’esercizio della memoria è un privilegio che dobbiamo imparare a coltivare e tramandare ai più giovani. Oggi abbiamo ricordato le vittime della Shoah, nel Giorno della Memoria, durante il XXXI Premio Borsellino perché il ricordo, le vittime dei genocidi razziali e, al contempo, della mafia sono ‘fatti umani’, parafrasando le parole del giudice Giovanni Falcone, e come tali vanno rievocati, ma non per puro esercizio stilistico rispetto alla commemorazione bensì come trasmissione, soprattutto ai giovani, di un messaggio, di eventi e personaggi che altrimenti rischiano di cadere nel dimenticatoio”. Con queste parole il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi si è rivolto agli studenti e alle studentesse, nel corso del primo evento del XXXI edizione del Premio nazionale Paolo Borsellino, dedicato al ricordo delle vittime della Shoah. “La memoria rafforza l’identità di un popolo e contribuisce ad acquisire consapevolezza del proprio ruolo, di ciò che siamo e di come essere parte della storia che spesso viviamo inconsapevolmente. I giovani hanno il privilegio del tempo, per questo li invito a studiare, a essere curiosi, a leggere, investimenti necessari per la formazione di una coscienza personale, di una idea autonoma, per la comprensione di quanto siano importanti il confronto e le idee altrui e di quanto sia altrettanto importante a volte, grazie ad esse, rimettere in discussione le nostre convinzioni”.
Cosa avvenne nel 1938? A spiegarlo ai giovani è stata la giudice Francabandera, in una sorta di ‘mea culpa’ delle responsabilità che ebbe anche la categoria dei giudici, rimasti all’epoca inerti e silenziosi. “Dal punto di vista della nostra categoria semplicemente i giudici non ci furono – ha raccontato Francabandera ai giovani seduti in platea -, non fecero la loro parte, perché già dal 1925 era stata sciolta l’associazione dei magistrati, perché già un regime dispotico aveva eliminato la voce libera dei giudici liberi, indipendenti e autonomi. Nell’estate del 1938, non so con quale autonomia di pensiero, prepararono il ‘Manifesto della razza’. Pensate: degli scienziati. Anche la scienza perse in quel momento la sua indipendenza di pensiero e autonomia di critica adeguandosi alla linea di chi era allora al potere. Quella stessa estate ci fu il censimento degli ebrei: lo Stato per la prima volta chiese ai cittadini italiani di identificarsi come ‘razza’. E subito dopo ci furono le leggi razziali. E i giudici, spiace dirlo, stettero zitti. La maggior parte dei giudici italiani fu silente – ha sottolineato Francabandera -, alcuni andarono a far parte del ‘tribuale della razza’. E anche qui, mi spiace ricordare che il primo presidente del tribunale della razza diventò il primo presidente della Corte costituzionale italiana. Come fu possibile una cosa del genere? Quando fu ripristinata la democrazia ci furono processi di epurazione nei confronti di coloro che si erano macchiati di gravi reati di connivenza con il regime. Ho trovato la motivazione con la quale fu archiviato il procedimento di epurazione del giudice Azzariti: ‘Come presidente del tribunale della razza si adoperò per dare falsi certificati di arianizzazione ad alcune famiglie di ebrei che, così, furono salvate’. In realtà ci fu in quel periodo una compravendita di arianizzazioni fasulle, salvando probabilmente qualcuno, ma i giudici applicavano queste leggi e stavano zitti. Non c’è traccia nella storia di prese di posizione, proteste, nulla: solo silenzio e indifferenza. Un’intera categoria, della quale io faccio parte, e mi chiedo come sia potuto accadere che abbiano dimenticato il senso della giurisdizione, il cui senso è la tutela dei diritti di tutti. Vi invito a studiare, studiate, non dimenticate, non vorrei come ha detto Segre, che restassero di quel pezzo di storia, soltanto poche righe. In forme diverse, sono fatti che possono accadere. Di genocidi in questi decenni a attualmente, siamo circondati. Esempi ci vengono dalle cronache, non siamo mai al sicuro dall’orrore dell’intolleranza, del disprezzo verso gli altri, del prima noi e poi gli altri. Invece siamo tutti uguali e tutti ugualmente abbiamo diritto di trovare il nostro posto nel mondo”.
“Avete un compito fondamentale in questi anni, non so se lo sapete – ha detto rivolto agli studenti e alle studentesse il dirigente dell’ufficio scolastico regionale -. In questa età voi elaborate il vostro progetto di vita. Che non è soltanto il tipo di lavoro che vorrete fare. Ma soprattutto il sistema valorale che inetendete adottare e fare vostro. Qualcosa che vi resterà dentro per tutta la vita. Un codice di valori sta nel nostro cuore. E dovete farlo in questa età nella quale siete puri, non contaminati da avidità, interessi; parliamo di qualcosa che si chiama ‘etica’. E allora come si mettono insieme a criminalità organizzata, Falcone e Borsellino, la Shoa, i genocidi, come quello degli Armeni, del quale in molte nazioni non si può parlare. Etica: il bene e il male. Il confine tra bene e male è molto complesso. Dubitate delle semplificazioni; in questa società estremanwnte tollerante, quando una persona sbaglia, invece, viene subito stigmatizzato. Tutti sbagliamo ma non vuol dire che dobbiamo tollerare il male. Vuol dire che il male va indivituato ed esxluso. Ma spesso la lotta tra il bene e il male è dentro di noi. Il male non è un’entità astratta. Lo scrisse Hannah Arendt nel libro ‘La banalità del male’. Il male è più facile del bene, a volte per fare il male basta stare zitti, non parlare, non agire. A volte il bene ci chiama a fare delle cose. Pensiamo all’omertà: com’è stato possibile che queste leggi razziali siano state per la maggior parte delle persone non considerate; in fondo ‘non mi riguarda’. Come quello che succede in Iran, a Singapore, ‘non ci riguarda’. Già parlarne, avere un’opinione è importante, perché il silenzio è complicità. A livello filosofico il nazismo era sottile; c’è una divisione tra il bene e il male netta: ariani bene, ebrei male e così via. Allora eliminare i malvagi: state attenti perché è spesso ciò che accade nelle nostre classi: eliminare il più debole, il disabile, quello più ingenuo, o che abita fuori. Si parla tanto di bullismo ed è questo: fare una piccola società di eletti. Il male va fermato da vicino: innanzi tutto dentro di noi dove va fatta una scelta profonda e consapevole del bene, che spesso è complicato e più scomodo, ed è contagioso. Tutti ci lamentiamo della guerra in Ucraina, ma spesso abbiamo una guerra nelle classi, tra le famiglie, tra le scuole. Facciamo in modo che non succeda mai più.
Lo storico e avvocato Luigi Guerrieri ha ripercorso invece dal punto di vista storico e sociologico gli anni del fascismo, del nazismo, dell’antisemitismo, a partire dalle epoche che hanno preceduto il ventennio fascista e sino ai giorni nostri: “Cerchiamo ancora dei capi espiatori, dobbiamo interrompere questa tendenza per spezzare la spirale del razzismo e della sopraffazione”.