Fase 2, la responsabilità del ritorno in cantiere è tutta delle imprese
di Marco Signori | 03 Maggio 2020 @ 08:00 | ATTUALITA'L’AQUILA – “La responsabilità di eventuali casi di contagio è tutta delle imprese, nonostante il Covid può essere contratto ovunque e chi ci dice, ad esempio, che questo non possa avvenire nel tragitto dell’operaio da casa al luogo di lavoro?”.
Antonio Masci è ingegnere responsabile della sicurezza sui luoghi di lavoro e come gran parte dei suoi colleghi è preoccupato dalla riapertura dei cantieri in programma domani, dopo che il governo ha stabilito che il contagio del Coronavirus è da considerarsi infortunio sul luogo di lavoro e non malattia.
Attribuendo però tutte le responsabilità connesse al datore di lavoro, al committente e al coordinatore della sicurezza e nessuna al dipendente: “Se noi rispettiamo tutte le prescrizioni previste e un operaio contrae il virus, che colpa hanno l’impresa o chi come me si occupa della sicurezza?”, dice Masci.
Ma c’è di più, visto che, come ha confermato il presidente dell’Inail Franco Bettoni, contrarre il Covid-19 sul proprio posto di lavoro non sarà considerato malattia ma un infortunio: “Le malattie virali come il Covid-19 sono una causa violenta di malattia e pertanto sono riconosciute come infortunio – ha detto – . Se una persona ha contratto il virus sul lavoro e poi è deceduta sarà considerata a tutti gli effetti una vittima sul lavoro”.
“Questo”, dice Masci, “per l’impresa significa incorrere in processi penali, ma è indimostrabile il luogo e il momento in cui si è stati contagiati!”.
“Secondo la normativa vigente sono considerati infortuni dei quali si risponde penalmente quelli con prognosi superiore ai quaranta giorni, invalidanti oppure mortali – spiega l’ingegnere – il Coronavirus è una malattia che non causa invalidità, qualora si guarisse. E nel periodo in cui il lavoratore dovesse restare a casa percepirebbe lo stipendio come se stesse in malattia”.
Per questo, secondo Masci “era sufficiente applicare il Testo unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, in cui è già codificata la responsabilità del lavoratore”.
“Mentre in questo caso – dice – il governo nel decreto che ha previsto le riaperture dal 4 maggio ha indicato prescrizioni per il committente, per il datore di lavoro e per il responsabile della sicurezza, prevedendo relative sanzioni, ma non ha detto nulla su cosa debba fare l’operaio”.
“Il governo ci sta insomma dicendo che possiamo riaprire ma che le responsabilità sono tutte le nostre, si tratta di una responsabilizzazione psicologica del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione e del datore di lavoro – aggiunge Masci – . All’impresa vengono allungati i tempi contrattuali e riconosciuti gli oneri dovuti al rispetto delle nuove misure di sicurezza, ma se il cantiere deve chiudere perché un operaio risulta positivo chi paga i danni?”.
“Il Covid può essere contratto ovunque – insiste l’ingegnere – quindi serve una responsabilizzazione generale. O responsabilizziamo tutti oppure il Covid deve essere letale sul luogo di lavoro per poter attribuire responsabilità solo all’impresa, altrimenti è tutta una farsa!”.
Masci, che fa anche osservare come per i professionisti non sia stato previsto l’obbligo del test, considera poi sbagliato agire per singoli comuni come sta facendo L’Aquila, dove il sindaco Pierluigi Biondi, ha tra le polemiche emanato un’ordinanza che impone a tutte le imprese, tra le altre cose, di effettuare test tra i dipendenti per verificare la negatività al Covid-19 entro 14 giorni dalla comunicazione della ripresa dei lavori.
“Condivido molto la scelta di Biondi ma sarebbe servita un’ordinanza regionale – dice – anche perché in alcuni comuni limitrofi, nonostante l’invito di Biondi ai colleghi sindaci, non è stato previsto che si facciano tamponi a tappeto. Seguo cantieri anche in comuni diversi da L’Aquila dove da domani dovrò comportarmi in modo differenziato e questo non credo sia utile”.
A proposito del test che le imprese faranno a partire da domani, poi, Masci fa osservare come “non essendo codificati dalla comunità scientifica, sono sicuramente di ausilio ma non risolutivi per le misure anti contagio”.
“Noi professionisti ci troviamo tra l’incudine e il martello – valuta – perché il committente vuole far ripartire i lavori e noi non abbiamo mezzi giuridici per non riaprire i cantieri. Rivolgo un plauso al presidente dell’Ordine degli Ingegneri De Amicis, che ha chiesto proprio che vengano chiarite le responsabilità di ciascuno”.