Fase 2: documento Inail indica rischi per settore, manifatturiero e costruzioni potrebbero essere primi a ripartire

di Redazione | 21 Aprile 2020 @ 11:04 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – “Le attività produttive con rischio basso o medio-basso potrebbero avere priorità in un processo graduale di rimodulazione delle misure contenitive, unitamente ad una adeguata e partecipata strategia di prevenzione anche mirata al contenimento del rischio di aggregazione correlato”.

È quanto si legge nel Documento tecnico dell’Inail  che valuta i rischi da contagio in base al settore produttivo attorno al quale ruotano le considerazioni necessarie a dare avvio all’agognata fase 2 dell’emergenza allo studio del governo coadiuvato dai comitati tecnico-scientifici.

“Le attività del settore manifatturiero e delle costruzioni, oltre ad essere settori vitali per l’economia del Paese, presentano un indice di rischiosità complessivo mediamente basso che può ulteriormente essere migliorato con attente e puntuali misure organizzative e di prevenzione e protezione come proposto nel documento”, si legge ancora nello studio, “vanno tuttavia tenute presenti le specificità e le complessità dei singoli ambiti aziendali, specialmente nelle piccole e medie imprese”.

“Analoghe valutazioni, pur nella necessità di considerare l’impatto sulla mobilità di terzi e di garantire il distanziamento sociale, possono essere fatte per alcuni settori del commercio e dei servizi. Vanno valutati i rischi connessi alla mobilità dei lavoratori legata al pendolarismo, che necessitano di interventi specifici nel settore dei trasporti pubblici adottando apposite misure preventive”.

Il periodo di emergenza sanitaria connessa alla pandemia da Sars-CoV-2 ha portato alla necessità di adottare importanti azioni contenitive che hanno richiesto, fra l’altro, la sospensione temporanea di numerose attività produttive – ricorda lo studio in premessa – . Secondo stime riportate nella memoria scritta presentata dall’Istat al Senato della Repubblica il 25 marzo scorso, l’insieme dei settori attualmente non sospesi comprende 2,3 milioni di imprese (il 51,2% del totale).

Questo insieme rappresenta un’occupazione di 15,6 milioni di lavoratori (66,7% del totale), mentre i sospesi ammontano a circa 7,8 milioni (33,3%). Tuttavia, in considerazione del dato reale al netto di tutte le forme di lavoro a distanza e dell’incentivazione dei periodi di congedo e ferie, è stimabile, pure in assenza di un dato puntuale, che circa il 25% dei lavoratori hanno continuato a lavorare in presenza (es. strutture socio-sanitarie, forze dell’ordine, forze armate e i servizi essenziali della pubblica amministrazione, la filiera alimentare, le farmacie, i trasporti, ecc.).

Le misure contenitive che hanno riguardato il mondo del lavoro – si legge del documento – si sono rese necessarie per ridurre le occasioni di contatto sociale sia per la popolazione generale, ma anche per caratteristiche intrinseche dell’attività lavorativa per il rischio di contagio.

Il fenomeno dell’epidemia tra gli operatori sanitari – che sicuramente per questo ambito di rischio è il contesto lavorativo di maggior pericolosità – ha fatto emergere con chiarezza come il rischio da infezione in occasione di lavoro sia concreto ed ha determinato, come confermato anche dalle ultime rilevazioni, numeri elevati di infezioni pari a circa il 10 % del totale dei casi e numerosi decessi. Tale fenomeno è comune ad altri paesi colpiti dalla pandemia.

Per tali motivi, occorre adottare misure graduali ed adeguate al fine di consentire, in presenza di indicatori epidemiologici compatibili, un ritorno progressivo al lavoro, garantendo adeguati livelli di tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori.

Al fine di contribuire a fornire elementi tecnici di valutazione al decisore politico per la determinazione di livelli di priorità progressiva di interventi, è necessario tenere in considerazione le specificità dei processi produttivi e delle modalità di organizzazione del lavoro che nell’insieme possono contribuire alla caratterizzazione del rischio.

Il rischio da contagio da Sars-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili: Esposizione, la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.); Prossimità, le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità; Aggregazione, la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.).

Tali profili di rischio possono assumere una diversa entità ma allo stesso tempo modularità in considerazione delle aree in cui operano gli insediamenti produttivi, delle modalità di organizzazione del lavoro e delle specifiche misure preventive adottate.

In una analisi di prioritizzazione della modulazione delle misure contenitive, va tenuto conto anche dell’impatto che la riattivazione di uno o più settori comporta nell’aumento di occasioni di aggregazioni sociali per la popolazione. È evidente, infatti, che nell’ambito della tipologia di lavoro che prevede contatti con soggetti “terzi”, ve ne sono alcuni che determinano necessariamente la riattivazione di mobilità di popolazione e in alcuni casi grandi aggregazioni.

Al fine di sintetizzare in maniera integrata gli ambiti di rischio suddetti, è stata messa a punto una metodologia basata sul modello sviluppato sulla base dati O’NET del Bureau of Labor of Statistics statunitense adattato al contesto lavorativo nazionale integrando i dati delle indagini Inail e Istat (fonti Indagine INSuLa 2 e dati Istat degli occupati al 2019) e gli aspetti connessi all’impatto sull’aggregazione sociale.

Tra le misure organizzative che le aziende dovranno adottare, ci sono la gestione degli spazi di lavoro, l’organizzazione e gli orari, informazione e formazione, misure igieniche e di sanificazione degli ambienti, utilizzo di dispositivi di protezione, sorveglianza sanitaria a tutela dei lavoratori fragili.


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