Epifania: l’adorazione dei Magi nella Chiesa di San Silvestro

di Padre Gregorio (Fausto D’Addario) | 06 Gennaio 2023 @ 06:30 | I LUOGHI DELLO SPIRITO
6 gennaio_adorazione re magi
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Oggi 6 gennaio, giorno in cui la Chiesa celebra il mistero dell’Epifania, torniamo nella Chiesa di San Silvestro a L’Aquila per soffermarci su un bellissimo affresco che riproduce e interpreta l’episodio dell’adorazione dei Magi. Questo capolavoro quattrocenteso ci darà l’occasione di meditare sui punti salienti della festività, tanto importante nell’anno liturgico, ma allo stesso tempo così eclissata da quella figura popolare, che è la befana, immancabilmente al centro di mercatini e sagre. Una curiosità: avevate mai fatto caso che Befana non è altro che una storpiatura del termine Epifania?

Fino a non troppi anni fa l’Epifania – che significa apparizione, manifestazione – era una delle solennità più sentite nella Chiesa, cosa che si avverte ancora nelle chiese di tradizione orientale. Nel Nuovo Testamento il termine epiphaneia appare per la prima volta nelle epistole paoline ed indica sia la venuta del Signore nella carne, sia la seconda venuta gloriosa. È in Giovanni che troviamo affermazione riassuntiva: vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e si è resa visibile a noi. (1Gv 1,2). Tutta la vita di Cristo è una epifania di Dio. 

Dal IV secolo epifania è associato a quello di teofania, con il senso di manifestazione di Dio e se ne appropria la terminologia liturgica della Chiesa. Anzi, si ricorreva al plurale, le sacre epifanie o teofanie, per indicare diversi misteri: Natività, Adorazione dei Magi, Presentazione al Tempio, Battesimo di Gesù e Nozze di Cana. La denominazione Epifania indicava gli inizi della manifestazione storica di Dio in Gesù Cristo.

Perché si era sentito sin da subito il bisogno di sottolineare questa manifestazione? Così scriveva Giovanni Crisostomo: “diamo il nome di Epifania a questo giorno, perché la grazia salutare del Signore si è manifestata a tutti gli uomini”. Infatti la nascita di Gesù fu un evento tutto sommato nascosto; la venuta dei Magi, invece, significa che il mistero della Natività è destinato alla redenzione di tutti gli uomini. Secondo racconto di Matteo 2, 1-12 i Magi giunsero dall’Oriente a Gerusalemme chiedendo: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Poiché abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo”. Una stella apparve sul luogo dove era il Bambino e, grazie a questa nuova e stupenda luce del cielo, i Magi raggiunsero il bambino e “prostratisi lo adorarono“. Poi, gli offrirono doni: “oro, incenso e mirra” (2,11).

Nella Chiesa di San Silvestro a L’Aquila troviamo in un’unica rappresentazione due scene: il viaggio dei Magi e l’adorazione. La collocazione è magistrale e non casuale: si trova sull’arco trionfale, cioè quell’arco che dà accesso alla zona più sacra, il santuario, dove si svolge la celebrazione eucaristica. Perché si trova rappresentata proprio in questo luogo della chiesa? Per rendere lo stretto legame esistente tra l’incarnazione e l’eucarestia: il vero corpo, nato dalla vergine Maria e che viene adorato dai Magi è lo stesso che, sacramentalmente, viene consacrato sull’altare e distribuito ai fedeli durante la celebrazione eucaristica.

La scena rappresentata sull’arcone rispetta i canoni tradizionali: i Magi che si avvicinano da un lato e la Vergine seduta di profilo, con il bambino in braccio, dall’altro. A L’Aquila troviamo però una disposizione del tutto particolare. La scena dell’adorazione del bambino è del tutto eccentrica, cioè spostata e quasi schiacciata alla sinistra di chi guarda.

L’inizio è a destra, con il racconto dell’arrivo dei Magi: sì, è proprio un racconto, che inizia a con gli edifici della città di Gerusalemme; poi, tra paesaggi e architetture, si snoda il loro corteo di animali, anche esotici, come cammelli e scimmie; infine il cuore della scena, all’estremità opposta dell’arco, è una scena di rivelazione: la Vergine offre il bambino all’adorazione dei Magi, uno dei quali è inginocchiato in adorazione.

Quello dell’adorazione dei Magi è un tema particolarmente caro alla pittura di quel periodo: è il tardo gotico, quella fase storico-stilisca ampiamente diffusa in Europa tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento e di cui il Maestro di San Silvestro (o del Trittico di Beffi) diviene qui squisito rappresentante. La scena della cavalcata dei Magi dava infatti l’opportunità di esibire nelle pitture costumi eleganti, abiti sontuosi e in generale la moda e l’abbigliamento del tempo.

A San Silvestro non troviamo uno stile ieratico o un cerimoniale severo, che susciti timore reverenziale. Al contrario: la rappresentazione è molto meno rigida ed è più naturale, attraversata da un vivace gusto locale. Emerge l’attenzione dell’artista ad aspetti minuti e quotidiani, a comporre un quadretto gustoso, come il caso dell’inserviente dei Magi che cerca di tenere a bada gli animali, il bambino Gesù che quasi sporge dalle ginocchia di Maria, tendendo le braccia, una delle quali afferra per le corna il bue, mentre l’altro corno è addentato dall’asino, che gli è vicino.

Come i Magi, anche noi siamo chiamati a ripercorrere l’itinerario perergrinante, non più nella realtà storica, ma come evento ed esperienza interiore di fede. Non più sotto la luce della stella: oggi la Chiesa, di cui siamo parte, è epifania e manifestazione di Cristo. Secondo le parole del vangelo: “Voi siete voi la luce del mondo […] Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini” (Mt 5,14-16).v

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