de il Cavaliere di Saint–George – Questa mattina alle 7.00, mentre mi accingevo a fare colazione e già pregustavo una tazza fumante e profumata del mio Darjeeling preferito, ricevo una telefonata della fondatrice di questo amabile blog.
“Oggi è il giorno più lungo, quello del ballottaggio; si decide chi sarà il sindaco della ricostruzione e tu non scrivi nulla al riguardo?”, esordisce la gentile signora con tono vagamente “cazziatorio”.
“Possibile che questo appuntamento fondamentale per la città non ispiri le tue riflessioni? E poi, è passato il terzo anniversario del terremoto e anche lì nemmeno una parola…”
Mentre osservavo ormai rassegnato la tazza di Darjeeling diventare inesorabilmente fredda, ho capito che nella vita, come non possiamo esimerci dall’assolvere i cosiddetti doveri coniugali anche se non ci va, non possiamo nemmeno esimerci dal piacere di ricambiare l’ospitalità letteraria di Lady Cattini.
Per questo motivo ho bofonchiato qualcosa nella cornetta, promettendole una mia sciabolata dedicata all’anniversario del terremoto e a questo giorno più lungo elettorale.
La verità, anche se non ho avuto il coraggio di confessarlo a Maria, è che ho trovato i due eventi talmente noiosi e privi di qualsiasi spunto che alimentasse la mia vis polemica.
Comunque per quanto riguarda il primo, noto che ormai si è consolidata una vera e propria “retorica del terremoto”: un fiume in piena di dichiarazioni di circostanza, di finte contrizioni per la sorte delle vittime e per le immani distruzioni immateriali, di vuote promesse d’impegno a favore della città.
Trovo tutto questo apparire e ciarlare un insulto alla memoria di coloro che sono periti quella notte.
La retorica del terremoto dell’Aquila mi è diventata francamente insopportabile come la retorica del Natale dove, dopo un intero anno di schifezze, ruberie e tradimenti tutti si sentono più buoni e riscoprono i valori della famiglia, del caminetto acceso, della tombolata con la nonna rincoglionita e dell’obolo dato al povero africano che, in mezzo alla neve e al freddo, tenta di venderci improbabili calze di spugna antisudore.
In questi tre anni ho sempre creduto che l’unico modo per onorare la memoria delle vittime del sisma fosse quello di dimostrare con i fatti e non con le chiacchiere la volontà e lo spirito di coesione della città e della sua comunità per ricostruire una nuova L’Aquila. Un luogo dove abbia un senso vivere e dove possano convivere le memorie del passato con le migliori innovazioni tecnologiche, diventando così una vera e propria città-laboratorio.
Invece in quei giorni siamo costretti a sorbirci i melensi luoghi comuni e le improbabili ricette per la ricostruzione dei nostri politicanti (tutti!!!) e della cosiddetta élite (ma sarebbe più corretto chiamarla lobby) culturale ed imprenditoriale della città.
In questi tre anni tutti questi signori si sono ben guardati dall’impostare, realizzare e completare almeno un progetto strategico per la città, troppo occupati a gestire il proprio particulare ed i propri traffici ed affari segreti.
E veniamo alle elezioni: Anche qui piattume assoluto: credo che sia stata la peggiore campagna elettorale nella storia dell’Aquila. A parte qualche affermazione sui generis spacciata per programma, noi poveri cittadini abbiamo leggere e valutare un qualche straccio di programma concreto e specifico partorito dalle varie forze politiche e da ciascun candidato? La risposta è, ovviamente, no.
I candidati. Mi dicono che siano stati oltre 700 per poche decine di posti di assessore comunale. Tutti improvvisamente folgorati dal desiderio di mettersi al servizio della città con spirito nobile e disinteressato. Ho sentito persone, veri e propri squali conclamati che in questi tre anni hanno colto ogni occasione d’intrallazzo a spese della città, dichiarare il loro impegno civico ed elettorale esclamando: ”Ma se non ci impegniamo in prima persona per il bene della città, poi non possiamo lamentarci se le cose vanno male…”.
Quanto piace e quanto tira la greppia della futura ricostruzione: tutti vogliono arrivare ad arraffare almeno una fetta della torta, anche se hanno il colesterolo delle loro malversazioni già a 600!
Ed infine che dire dei vari politici aquilani? Ancora una volta hanno perso una grande occasione, l’ultima, per dimostrare un po’ di dignità e di spirito di servizio per la comunità. Anche i generali di Napoleone erano dei ladroni formidabili, ma poi in battaglia erano i primi ad esporsi e caricare alla testa dei propri soldati, mettendo a repentaglio la propria vita per la grandezza della Francia. Anche i nobili e snob dandies inglesi di Eton erano degli infaticabili predatori degli immensi tesori dell’Impero di Sua Maestà, ma poi in guerra erano i primi a saltare fuori dalla trincea per dare l’esempio di coraggio ai propri soldati , magari prendendosi una pallottola in testa per primi.
Invece i nostri politicanti locali sono più immobili e atarassici di Siddartha. Per loro il terremoto e la conseguente tragedia di un’intera città semplicemente non esistono. Questo evento non è stato percepito da loro come un’occasione per dimostrare le proprie capacità a favore dei cittadini, come un pegno d’onore da adempiere a tutti i costi.
Programmi? Zero. Progetti per l’economia e l’occupazione? Zero. Progetti per la cultura? Zero. Per il turismo? Zero. Niente di niente. Hanno passato mesi preziosi a tessere trame segrete, tradimenti all’interno delle rispettive coalizioni, a stringere alleanze perverse con le varie controparti politiche, a occupare ogni posto disponibile per i propri clientes.
Adesso qualcuno si scandalizza perchè il Fli di Verini ha mercanteggiato con il tovarich Cialente posti di comando. Ma perché, non è stato sempre così? E la competenza, il merito per essere designati a gestire una municipalizzata, un ufficio comunale, una istituzione economica dove li mettiamo?
A questo modo stantìo di percepire e praticare la politica si sono prontamente adeguati anche le formazioni politiche nuove ed i candidati espressione degli onnipresenti comitati. Dopo aver scarriolato e strepitato a comando per oltre due anni, finchè questo serviva per portare avanti un preciso piano politico, adesso tutte queste anime belle e vergini sono passate tutte a battere cassa, manco avessero combattuto sul Carso. Siamo certi che questi parvenu ci daranno grandi soddisfazioni come prossimi consiglieri comunali.
In questo scenario corrotto, stile Gli ultimi giorni di Pompei, ci è toccato anche subire delle prese per i fondelli così smaccate, che ci fanno ben comprendere che tipo di considerazione e di rispettano nutrano i nostri politici locali nei confronti dei semplici cittadini. Vedere piantare frettolosamente piantine e fiori in aiuole ridotte a deserti polverosi in una città piena di monnezza e, nel centro storico, ridotto ad enorme pisciatoio per gli sballati del giovedì e sabato sera, non so se susciti più indignazione o riso amaro.
Veder mettere, a tre anni dal terremoto, i cartelli che indicano le aree di raccolta ed assistenza della popolazione in caso di un nuovo sisma, e che queste aree, se non impraticabili o coperte di rovi, non hanno praticamente nessuna struttura per questo scopo, significa comprendere da quali incapaci siamo stati guidati in questi anni e da quali saremo governati in quelli a venire. Anche qui, poi, abbiamo i capolavori assoluti: la pittura delle strisce pedonali e delle carreggiate su manti stradali che paiono appena mitragliati da uno Spitfire della RAF e il posizionamento delle cassette topicide con la scritta trionfale e bugiarda “ZONA DERATTIZZATA”.
Ma queste, potrebbe ribattere qualcuno, sono amenità, riflessioni qualunquiste di un inguaribile snob. E sia. Ma quello che rimane di questo circo elettorale e di questa caduta libera del senso civico e politico di una comunità è che dopo questo giorno più lungo la situazione non cambierà di una virgola, anzi è destinata a degradarsi ulteriormente.
Infatti ciascuno dei due super candidati a Sindaco per poter vincere ha creato una vera e propria accozzaglia di forze, una Armata Brancaleone dove c’è tutto ed il contrario di tutto. Queste orde dovranno essere ricompensate con prebende, privilegi e posti di comando, pena lo sfaldamento della propria base in Consiglio Comunale.
Si sono così già poste le premesse per perpetuare quella totale ingovernabilità del Consiglio e della struttura comunale che è stata la principale causa dell’immobilismo colposo e doloso della Giunta Cialente.
Questo sia che venga riconfermato il tovarich Cialente o che subentri a lui De Matteis.
Altro che giorno più lungo. Ci aspettano veri e propri dies irae.
Povera L’Aquila…