Elezioni, Giuliante: “Serve politica vicina alla gente e non tatticismi”
di Marianna Gianforte | 29 Agosto 2022 @ 06:15 | VERSO LE ELEZIONI
L’AQUILA – Di Gianfranco Giuliante non passano certo inosservate le mosse improvvise, non prevedibili, tipiche di chi è abituato ad autodeterminarsi anche in politica, a non chiedere, a non farsi dettare l’agenda bensì a dettarla, anche quando, assessore regionale alla Protezione civile, restava sino a notte nella sala operativa di via Salaria Antica Est insieme ai tanti volontari, tecnici e funzionari impegnati a fronteggiare la lunga e copiosa nevicata che mandò in tilt mezzo Abruzzo, nel febbraio del 2012. La sfida del Parlamento, al quale si è candidato nella compagine del cosiddetto ‘terzo polo’ costituito da Azione e ‘Italia viva’, arriva al culmine di un percorso che lo ha visto attraversare in lungo e in largo quasi tutto lo spettro politico, sempre a destra, ma sempre irrequieto laddove non vede “concretezza, operatività”, bensì ricerca del consenso astratto, che è poi ciò che ha portato le persone ad allontanarsi dalla partecipazione elettorale. In questa intervista Giuliante spiega i motivi della sua scelta di candidarsi alle elezioni del 25 settembre con la realtà politica che vede insieme Carlo Calenda e Matteo Renzi.
Gianfranco Giuliante una vita passata a destra con ruoli primari ed importanti, dirigente del Movimento sociale italiano e poi di Alleanza nazionale, vicepresidente della Provincia dell’Aquila, presidente del Parco nazionale della Maiella, assessore regionale alla Protezione civile e, recentemente, presidente della società dei trasporti abruzzese (Tua). Infine, commissario della Lega sino alla rottura e alla creazione dell’associazione di civismo politico ‘Futura’. In queste elezioni è rimbalzato un suo accordo con Italia Viva di Renzi e ora la sua candidatura al Senato nel collegio uninominale per il ‘terzo polo’, una traversata che potremmo definire ‘del Mar Rosso’, ma senza fuga bensì da condottiero: ci vuole dire il perché di metamorfosi?
“Un anno fa ho creato l’associazione ‘Futura’, che, rispondendo alla domanda se fosse allocata a destra o a sinistra, ho definito ‘realtà che sta altrove’. Altrove rispetto a un sistema che non convince più, incastrato dentro a una legge elettorale che non consente la scelta dei rappresentanti dei cittadini, e per una serie di scelte fatte e che non sono più condivisibili. Nel momento in cui di fronte a un’emergenza come quella che abbiamo vissuto prima con la pandemia – che non è ancora finita – e poi con le vicende internazionali che aggravano la tenuta economica del Paese, noi ci troviamo di fronte a una risposta di piccolo cabotaggio, senza visione e capacità di affrontare e risolvere i problemi. Di qui uno ‘stare altrove’, nel senso di cambiare schema, modalità di gioco e, nella sostanza, rispetto a un’emergenza, cercare di affermare concretezza e non piccoli tatticismi”.
A cosa si riferisce quando dice ‘tatticismi’, può fare qualche esempio?
“Faccio soltanto un paio di esempi: l’approvazione da parte della Giunta regionale di una legge che vieta di realizzare impianti altamente avanzati da un punto di vista tecnologico e della sicurezza per il trattamento dei rifiuti, in totale antitesi rispetto alle posizioni che oggi si prospettano ai cittadini a livello nazionale. L’Abruzzo è l’unica regione con un assessorato leghista in disaccordo, in rottura con gli schemi del nazionale, dove pure la Lega governa e ha governato nei mesi passati. Non solo. Faccio un altro esempio: la Lega parla dell’Abruzzo come regione pilota nella ripresa post crisi, ma la legge nazionale prevede che il Pnrr destini alle infrastrutture il 40-50% al Centro Sud, un obiettivo che deve essere rispettato da tutte le organizzazioni titolari; ebbene, gli unici due ministri leghisti sono molto distanti da raggiungere questo limite e si fermano al 20%. Insomma, a differenza di tutti i ministeri che hanno rispettato il vincolo minimo del 40% di risorse del Pnrr destinate al Sud, i ministri della Lega ne hanno programmato la metà per i loro dipartimenti: siamo di fronte a una caduta di stile e di sostanza …”.
I partiti si accapigliano sull’ ‘agenda Draghi’, riferendosi al Governo fatto cadere a una manciata di mesi dalla sua scadenza naturale, come giudica questa mossa di Lega e Forza Italia con il Movimento 5 stelle che ha fatto da grimaldello?
“Draghi è arrivato come presidente del Consiglio dei ministri in un momento di emergenza assoluta per l’Italia. La mia domanda è: l’emergenza è finita o no? Se è vero che non è finita, ma anzi ora è diventata ancor più grave a causa della guerra, con la conseguenza dell’aumento esorbitante dei prezzi e con la previsione di un autunno che sarà infuocato, quali sono le prospettive per i cittadini? E’ evidente che non c’era la necessità di far cadere il Governo in una situazione di tale emergenza e per giunta a pochi mesi dalla sua ‘scadenza’. Se si è deciso questo epilogo è stato soltanto per l’esigenza di attuare operazioni di sabotaggio; dunque, perché c’è chi si vorrebbe appropriare di una cosiddetta ‘agenda Draghi’? Invece d’inseguire una fotocopia dello schema del presidente Draghi, si sarebbe potuto mantenere in vita il Governo originale”.
Giorgia Meloni, che lei conosce bene, si spinge a dire che in caso di loro vittoria, sarà cambiata la forma della nostra Repubblica da parlamentare a presidenziale, con la modifica della carta costituzionale: lei con il suo passato e con l’attuale presente politico, come voterà in caso fosse eletto in parlamento?
“Il punto di caduta della mia esperienza non sarà il Parlamento, è un’elezione molto difficile; ma l’obiettivo è costruire un percorso politico che punti a una presenza politica non personalistica, bensì della squadra. Per quanto riguarda il presidenzialismo o leadership del presidente della Repubblica con l’elezione diretta da parte dei cittadini, mi vede d’accordo, ed è una posizione espressa anche da Renzi. Dovrebbe, però, cambiare la formula della Repubblica con l’elezione diretta del presidente (Repubblica presidenziale) accompagnata da una sostanziale riforma della legge elettorale per eleggere i parlamentari. Ma c’è una premessa da fare: è necessario ricostruire il rapporto dei cittadini e delle cittadine con le elezioni. I segretari di partito sono oggi il dominus nella scelta dei parlamentari con il posto in lista, sistema che preclude agli elettori la possibilità di scegliere chi votare. In questa situazione i parlamentari tendono a non preoccuparsi dei territori in cui vengono eletti, perché il risultato non dipende dal voto espresso nei loro confronti, ma dal grado di vicinanza alle posizioni dei loro segretari attraverso l’individuazione del posto in lista, che decide chi dev’esserci e chi no e, con questo, chi viene eletto e chi, invece, non ha alcuna possibilità di esserlo. Il voto viene dato al simbolo e trattandosi di liste bloccate, gli aspiranti parlamentari sono anche candidati in territori con cui non hanno mai avuto alcun rapporto, ma hanno la certezza dell’elezione poiché sono al primo posto della lista, secondo i calcoli dei loro partiti, con la matematica certezza che scatti l’elezione al Parlamento. Ecco il vulnus. Io ritengo primario ridare voce collettiva ai territori anziché far dipendere le decisioni dai vari cerchi magici che si formano di volta in volta”.
Cosa si sente di dire agli elettori abruzzesi affinché possano votarla?
“Io mi sono reso promotore di un progetto, che in questo momento vuole sviluppare un percorso altro rispetto alle dinamiche diventate lontane e indifferenti alla gente comune; sono 10 anni che il Pd non vince le elezioni e va al Governo. Ci sono provvedimenti sovrapponibili tra le posizioni e che mirano a risolvere le situazioni nell’immediato, ma ciò che manca è la visione. Le problematiche sono di area vasta, bisogna avere una visione d’insieme che ci faccia esser credibili come politici”.