Ecco come funziona il test per il Coronavirus, “Così ci difendiamo dalle fake”

di Redazione | 25 Marzo 2020 @ 07:04 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – Ai tempi già fisiologicamente lunghi per ottenere i risultati, si aggiungono i ritardi causati dall’elevata domanda di reagenti, che in molti Paesi ha fatto sì che scarseggiassero, senza contare che in alcuni casi la degradazione del campione o la contaminazione possono alterare il risultato.

Sono alcuni dei problemi relativi al test per il Covid-19, sintetizzati in un’infografica di facile fruizione per il grande pubblico dall’Università dell’Aquila, che con il laboratorio del Dipartimento di scienze fisiche e chimiche ha “tradotto” i contenuti elaborati da Andy Brunning, chimico di Cambridge che sul sito scientifico Compound Interest pubblica aggiornamenti in lingua inglese sull’emergenza Coronavirus.

“Abbiamo pensato di rendere comprensibile a tutti quello che Brunning scrive in inglese, che seppur con linguaggio molto divulgativo è accessibile a una fetta di pubblico molto selezionata perché occorre conoscere bene la lingua”, spiega a L’Aquila Blog Chiara Biagini, chimico 27enne di Roma che sta svolgendo il post dottorato nell’ateneo aquilano sotto il coordinamento del professor Armando Carlone, associato di Chimica organica.

“Le sue pubblicazioni non sono mai state tradotte in altre lingue, così abbiamo pensato di farlo in italiano essendo il paese più colpito dalla pandemia – dice la Biagini – dando la possibilità a chiunque di potersi informare e, perché no, difendersi dal bombardamento di bufale a cui assistiamo”.

Il gruppo di studiosi aquilani, come tutti in questo momento a casa dove proseguono le loro ricerche a distanza, ha così privilegiato una comunicazione molto concisa e schematizzata.

Ebbene, come si effettua il test per il Coronavirus? “Si preleva un tampone dal naso o dal fondo della gola di un paziente e viene inviato in laboratorio per essere analizzato. Qui la molecola Rna del virus viene estratta e purificata, un enzima la converte in Dna”.

“Al Dna”, si legge nell’infografica, “vengono aggiunte delle sezioni di Dna (primer) che si legano appositamente a porzioni caratteristiche del Dna virale. Scaldando e raffreddando più volte il Dna insieme al primer e a un enzima che è in grado di ricostruire in Dna, si ottengono milioni di copie del Dna del virus”.

“Molecole di colorante fluorescente si legano al Dna virale mentre viene copiato. La loro emissione luminosa aumenta una volta che queste sono legate, e questo fattore conferma la presenza di virus nel campione”.

Non è irrilevante considerare come “i test attuali vanno bene per diagnosticare l’infezione, ma non ci dicono se qualcuno è stato infettato e poi è guarito. I test che cercano gli anticorpi contro il virus possono farlo”.

“Il laboratorio del Dipartimento si occupa di catalisi e collegamento tra la chimica di laboratorio e quella industriale”, chiosa la ricercatrice, “utilizzando metodi green si può accedere alle molecole dei farmaci, la catalisi è utile in campo farmaceutico perché consente di trovare strade più semplici e meno costose per la produzione dei farmaci”.

Il laboratorio di Scienze fisiche e chimiche, tra le altre cose, sta collaborando con l’azienda Ventiseidieci che si trova nel Tecnopolo dell’Aquila, che lavora allo sviluppo di cosmetici innovativi. (m.sig.)


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