
A L’Aquila si sa le novità arrivano sempre un po’ più tardi. Se si tratta di temi in cui anche l’Italia è indietro si rischia il ritorno al medioevo. Parliamo di donne e della proposta di modifica dello statuto comunale (art. 30 comma 2) al Comune dell’Aquila sulla definizione di una rappresentanza paritaria tra donne e uomini in consiglio comunale. Proposta che ha visto mancare il numero legale al momento della votazione in aula per una iniziativa che viene da lontano, avviata con una raccolta di firme di uomini e di donne della rete delle donne aquilane. Durante la votazione hanno detto no Giuseppe Bernardi, Luigi Faccia, Enzo Lombardi, Giuseppe Ludovici, Gianni Padovani e Alfonso Tiberi e altri che hanno scelto la fuga per evitare il voto.
L’Aquila, dicevamo, certo non è un’eccezione nel panorama italiano, è in “buona” compagnia in una nazione dove le donne nei Cda sono circa il 6% contro il 22% francese, assicurandosi uno degli ultimi posti in Europa con il Portogallo, Lussemburgo, l’Ungheria, Cipro, Malta. E però anche i tentativi di dare un buon esempio, un’indicazione, vengono soffocati da una miopia sconfortante.
Nelle linee guida che sostengono Ettore di Cesare candidato sindaco di Appello per L’Aquila nella prossima tornata elettorale, è già stata evidenziata con forza l’esigenza di “progettare in un’ottica di genere“. Abbiamo chiesto a lui un commento sul nulla di fatto del Comune in materia e sulle prospettive future. «La proposta – ci dice di Cesare -, supportata peraltro da oltre 500 firmatarie e firmatari, non è stata accolta poiché al momento della votazione in aula è venuto a mancare, strategicamente, il numero legale. E questa Amministrazione ha perso l’occasione di essere avanguardia, di dare segnali forti di apertura al nuovo. Ed è stato sconfitto, inoltre, anche un principio democratico. L’uguaglianza tra le donne e gli uomini rappresenta uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario. La Commissione ha adottato una Carta per le donne per potenziare la promozione della parità tra donne e uomini, in Europa e nel mondo. L’equilibrata rappresentanza dei sessi – non quote rosa- nei luoghi dove si decide garantisce l’acquisizione di quel patrimonio umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità che solo la diversità di genere può assicurare, come recenti sentenze di diversi tribunali amministrativi hanno sancito».
Qualcosa comunque si sta muovendo in ambito legislativo per cercare di modificare antiche regole.
Si, in tutta Europa e anche in Italia stiamo assistendo ad una significativa inversione di rotta, sulla spinta dei movimenti delle donne e delle battaglie delle parlamentari. E nella nostra Regione è iniziata l’8 marzo la mobilitazione delle donne” per la raccolta di firme sulla modifica della legge elettorale regionale. Già presentata alla commissione regionale e ai gruppi consiliari, la proposta ora diventa una petizione popolare, attraverso la quale si coinvolgerà la pubblica opinione sulla questione della democrazia, che sta diventando sempre più centrale nella vita pubblica. E forse potremo votare alle prossime elezioni con la legge, già approvata alla Camera, che garantisce la parità nelle elezioni amministrative; probabilmente in tempi non troppo lunghi avremo anche una legge elettorale per le elezioni politiche che garantisce il rispetto della parità. Alla luce di tutto ciò la scelta del Consiglio Comunale appare ancora più incomprensibile.
Come commenta le posizioni espresse dai consiglieri che hanno votato no?
Rappresentano la difesa strenua di un sistema di potere (e della sua conservazione) che nega il 50% dei diritti e che si oppone alla trasformazione moderna e compiuta della democrazia. Ma non ha prospettiva; lo dimostrano le sentenze ormai univoche e numerose che azzerano giunte e consigli comunali, ma anche provinciali e regionali perché illegali. Illegali perché violano la Costituzione e le leggi italiane, ma anche il disposto normativo europeo.
Concretamente, ai nastri di partenza sulla scena politica aquilana, con quale presenza e partecipazionefemminile si pone l’Appello per L’Aquila?
Nelle ultime cinque legislature sono state solo 5 le donne elette in consiglio comunale. Oggi su 41 consiglieri una sola è donna e due sono le donne presenti in giunta su 12 assessori.cancellare tutto questo. Avremo molte donne nelle nostre liste e molte saranno giovani. Ci sembra una bella sfida che ci porterà a costruire una società diversa. E voglio anche ricordare che nel nostro “manifesto”, presentato all’inizio dell’anno, abbiamo affrontato il tema della democrazia incompiuta, denunciando lo squilibrio rappresentativo tra donne e uomini.
Nelle linee guida che sostengono Ettore di Cesare candidato sindaco di Appello per L’Aquila nella prossima tornata elettorale, si parla di “progettare in un’ottica di genere”. Che significa?
Significa che ogni amministrazione , dal governo centrale ai comuni, valuti le proprie decisioni di bilancio in un ‘ottica di genere (tenendo conto cioè che una comunità è rappresentata da generi diversi, maschile e femminile, con esigenze diverse, quotidianità diverse, problemi diversi) per capire se vanno ad aumentare o a diminuire le disuguaglianze attuali;
significa incentivare i servizi della cura, per toglierli dal peso della famiglia, ossia delle donne; significa lavorare per una democrazia paritaria e una economia paritaria. 50 e 50 dovunque; significa aumentare le risorse per il trasporto pubblico per arrivare a una riduzione dei tempi di spostamento nella città con miglioramento della qualità della vita. E tanto altro ancora. Ma basta non dimenticare che il mondo è due, e non uno, per mettere in moto la fantasia e aver “cura” di tutti e tutte. (m.c.)