di Antonio Di Giandomenico (Cittadino senza città) – Gira l’Abruzzo come una trottola, come ai tempi dei congressi della Margherita prima, e del Pd poi; ai tempi in cui spendeva e spandeva tessere, offriva risorse ai fedeli, sceglieva, forte di non comuni possibilità, i “fiduciari” da mettere a capo del partito nelle varie zone.
Oggi ha già concesso formale investitura a centinaia di disperati, quelli che lui ha sempre definito, con buona dose di disprezzo, i “cassintegrati” della politica: sono coloro che, in Abruzzo come in tanta parte dell’Italia, mantengono il centro sinistra soffocato nella logica di “caciccato”, o di “capi – bastone” come è stata da altri, autorevolmente, definita una siffatta conduzione del partito.
Per onorare tutte le promesse fatte, in Abruzzo dovrebbero esserci a disposizione circa trecento assessorati, qualche migliaio di presidenze di enti, altre “comodità” (è sua la definizione) da elargire.
Rieccolo, il Cardinale: pronto a spendere e spandere, promettere e lusingare, pacca sulla spalla a questo, sorriso e promesse all’altro, nella più vieta e arcaica logica anni ’60, in piena era demo-dorotea.
Non c’è uno che osi contrastarlo: giovani virgulti, frutti abortiti di tentativi di rinnovamento nei metodi e nelle scelte, così come nella classe dirigente, subito si sono inchinati, prostrati, davanti al nuovo padrone, a colui che potrebbe (o così si illudono) riportarli nelle stanze del potere, dalle quali sono stati violentemente cacciati da chi ha praticato i vieti metodi della gestione cardinalizia.
Dimentichi di tutto anche quelli che giovani non sono più, colpevoli di non ricordare, perché costringerebbe a riflettere, che il Pd, sin dagli albori della sua tentata costituzione, si è trovato coinvolto, con suoi autorevoli rappresentanti, in vicende giudiziarie di una certa serietà: dal comune di Montesilvano ai consorzi acquedottistici, dalla Giunta regionale al Comune di Pescara, oltre ad episodi di minore rilevanza, ma di identica gravità nell’uso spregiudicato dei quattrini pubblici.
Si tratta di una precisa area della nostra regione dove opera l’80% della sanità privata abruzzese, (Angelini a Chieti, Pierangeli Spatocco ecc. a Pescara), e dove è concentrata la presenza di grandi imprese operanti nel settore dell’edilizia e delle opere pubbliche (Toto, Di Vincenzo, De Cesaris, Di Properzio, Edmondo, Falcone ecc). Stiamo parlando di miliardi di fatturato annuo, di veri e propri imperi economici. E’ appena il caso di ricordare che gli stessi nomi fatti sono i proprietari delle televisioni private operanti in Abruzzo.
La caratterizzazione principale della politica, nell’area citata, è da sempre quella di attenersi ad un forte senso di pragmatismo, e ad un’agire che ha sempre fatto i conti con l’economia e i portatori di interessi.
Forte spregiudicatezza e senso pratico hanno fatto da corollario a questo connubio. Si è nei fatti creato un sistema di potere che ha attraversato in senso trasversale tutti gli schieramenti, che ha irrobustito il sistema delle imprese e contemporaneamente ha creato dei potentati politici.
Si riesce ad indovinare chi veniva eletto senatore in quel collegio?
Ecco come e dove nasce il nuovo “mito” del centro sinistra a guida cardinalizia.
Ogni elezione ha la sua storia, ed è dentro di essa che ne va letto l’esito.
Il risultato di una elezione non lo porta il vento: “Blowing in the wind”, è il capolavoro di Bob Dylan il cui ascolto, ancora oggi, mi commuove come tanti anni fa!.
Non il vento porta il risultato, ma la soggettività delle singole forze politiche, le scelte, le strategie, l’offerta più o meno credibile che si fa agli elettori, gli uomini e le donne che si mettono in campo.
Il centro sinistra abruzzese, passando per un sano bagno di umiltà, potrebbe ragionare su se stesso, aprendosi al contributo di tanti, singoli o associazioni, che davvero pensano, si impegnano, elaborano strategia, avendo a mente il solo bene comune?
Io penso di sì.
Ha pure, tra il “suo popolo”, donne e uomini onesti e capaci, non solo “cacicchi” e avventurieri, in grado di elaborare e realizzare una strategia capace di colorare un futuro per la Regione.
Ovviamente, se si insiste nel perseguire la logica tutta “cardinalizia” degli slogans ad effetto ma vuoti, che prefigurano una strategia di governo che preveda il solo uso spregiudicato della finanza pubblica, che in questo momento non sarebbe alimentata che dall’indebitamento, questo schieramento, a mio modesto avviso, pare destinato a dare ulteriori delusioni agli abruzzesi.
E’ una piccola regione L’Abruzzo.
Ma pure piccola noi abruzzesi amiamo la nostra terra, terra di persone fiere e laboriose, che non meritano le nefandezze di una politica che, nel 92 e nel 2008, l’hanno avvilita agli occhi dell’intero Paese, presentandola come un covo di malaffare.
In una storica manifestazione al Circo Massimo, Walter Veltroni, riferendosi all’Italia e al governo in carica, affermo che “questo Paese è migliore della sua classe dirigente”
Orbene, questa Regione è sicuramente migliore della sua classe dirigente.
E credo che questo possa valere anche per i militanti del Pd, il cui gruppo dirigente è totalmente inadeguato rispetto alla passione, alla cultura politica, e alla voglia di costruire delle donne e degli uomini che ne fanno parte.
Un gruppo dirigente, quello attuale, per il Cardinale, appunto.