Da Costarelle al maxi processo ndrangheta, depone collaboratore giustizia
di Redazione | 07 Febbraio 2021 @ 16:08 | CRONACALAMEZIA TERME – Trecentoventicinque imputati, 400 capi di imputazione, un esercito di avvocati, sono solo alcuni dei numeri protagonisti del processo più imponente degli ultimi 30 anni, il maxi processo Rinascita Scott.
Il maxi processo in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, con numeri da capogiro ma quasi nulla copertura mediatica, televisiva o politica, vedrà alternarsi davanti alla Corte una sessantina tra pentiti e testimoni di giustizia, oltre a centinaia di testimoni tra accusa e difese in una corsa sfrenata che dovrebbe andare avanti ad un ritmo di cinque udienze settimanali.
Nell’ultima udienza la deposizione di Giuseppe Costa, collaboratore di giustizia, rivela la sua detenzione al 41 bis nel Carcere di Costarelle a L’Aquila, insieme a Luigi Mancuso.
La deposizione di Giuseppe Costa
Ex vertice, insieme al fratello Tommaso, dell’omonimo clan di Siderno, Giuseppe Costa collabora con la giustizia dal 2002 e sta scontando la pena dell’ergastolo. “Inizialmente – ha dichiarato – facevo parte della cosca Commisso di Siderno sin quando nel 1987 non è stato ucciso mio fratello Luciano ed allora mi sono staccato dai Commisso formando un autonomo gruppo. Sono entrato nella ‘ndrangheta nel 1974 venendo affiliato a Gioiosa Jonica dagli Ursino e dagli Scali. Ho raggiunto il grado di Trequartino. E’ stato Cataldo Marincola di Cirò a svelarmi che dopo il Trequartino esistevano altri gradi di ‘ndrangheta come “Padrino”, “Crimine” e “Mamma”. Con lui ho avuto una discussione in carcere e temendo interpretassero male alcune dichiarazioni di mio fratello Tommaso rilasciate in un processo e riportate sul giornale, ho iniziato a collaborare.
Ho conosciuto anche Luigi Mancuso perché sono stato detenuto con lui nel carcere di L’Aquila”.
A riportarlo l’edizione online de “Il Vibonese” nel pezzo a firma di Giuseppe Baglivo.