Pessima gestione finanziaria e sprechi hanno dissestato i bilanci dell’ente attivo nel volontariato e nell’educazione sanitaria.
Il carrozzone va avanti da sé, con le regine, i suoi fanti, i suoi re: la celebre canzone di Renato Zero descrive perfettamente l’attuale situazione della Croce Rossa Italiana. Sì, non avete letto male, si tratta proprio dell’ente che si occupa di volontariato nel primo soccorso, nell’educazione sanitaria e nel diritto umanitario. Come spiegato dal Sole 24 Ore stamattina, la Cri sarebbe diventata una fonte incredibile di sprechi e inefficienze. Ovviamente, la responsabilità non è dei 150mila volontari, quelli che offrono il proprio tempo in maniera gratuita.
Ogni anno, lo Stato sostiene questa associazione con ben 180 milioni di euro, soldi che i contribuenti verserebbero volentieri se fossero destinati agli stipendi di autisti, operatori e lettighieri, ma in realtà i cittadini italiani non finanziano tutto questo. Il contributo statale serve infatti per sostenere economicamente i quattromila dipendenti di uffici e sedi distaccate. Certo, è piuttosto facile sparare sulla Croce Rossa, come si è soliti dire, ma la situazione non è rosea.
Francesco Rocca, commissario straordinario e da pochi giorni presidente della Cri, ha provato a fare chiarezza, tra stipendi inutili e auto blu, un vero e proprio paradosso per un ente attivo nel volontariato: i bilanci sono stati compilati e presentati fino al 2004, poi il vuoto. Qualche pezza è stata messa, come ad esempio la tesoreria unica, fondamentale per gestire i flussi finanziari, ma c’è ancora molto da fare. Come ha rilevato la Corte dei Conti, nel 2005 si sono spesi 208 milioni di euro per il personale, più o meno la stessa cifra che è stata calcolata nel 2007 e nel 2010.
Inoltre, quello che ormai viene bollato come “stipendificio” ha dato vita a una serie incredibile di assunzioni per chiamata diretta, il tipico sistema clientelare che è così diffuso nel nostro paese. Troppi sprechi e troppi errori: i bilanci dei prossimi mesi rischiano di essere aggravati dalle richieste dei 1.500 precari, i quali pretendono un trattamento simile al personale di ruolo. Chissà se le menti dei fondatori della Croce Rossa nel 1864 sono state sfiorate dal pensiero di una simile deriva nel giro di un secolo e mezzo, un ente del genere non merita di esser gestito in questa maniera.