Cresa: gli agriturismi abruzzesi nel 2020 e il loro andamento negli ultimi 10 anni
di Redazione | 23 Febbraio 2022 @ 09:32 | ATTUALITA'
L’AQUILA – Secondo quanto emerge dalle elaborazioni del Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia (Cresa) sugli ultimi dati disponibili dell’Istat (banca dati I.Stat), a fine 2020 la regione, con i suoi 580 agriturismi (2,3% del totale nazionale), si colloca al 16° posto nella graduatoria nazionale la quale vede quali teste di serie la Toscana (5.406 esercizi pari al 21,6%) e il Trentino Alto Adige (3.741 cioè il 14,9%) e in coda il Molise (0,5%) e la Valle d’Aosta (0,2%).
Il numero di attività è leggermente superiore alla media nazionale se rapportato alla popolazione residente (4,5 aziende per 10.000 abitanti contro il 4,2 dell’Italia) e ad essa sensibilmente inferiore nel confronto con la superficie territoriale (5,4 per 100 kmq contro 8,3).
Non buono l’andamento nel lungo periodo.
Infatti, nonostante il trend regionale crescente rispetto al 2019 del 5%, pari a +25 esercizi derivanti da 43 nuove autorizzazioni (che rapportate alle strutture attive determinano un tasso di natalità del 7%) e 18 cessazioni (pari a un tasso di mortalità del 3%, (Italia: +2,0%), nell’ultimo decennio, in controtendenza rispetto all’aumento nazionale del 25,5%, il numero di agriturismi abruzzesi è diminuito del 9% (erano 636 nel 2010).
Quanto alla distribuzione provinciale spicca Teramo con (212 agriturismi pari al 37% del totale regionale), seguita da Chieti (157, 27%), Pescara (109, 19%) e L’Aquila (102, 18%). Tale classifica resta sostanzialmente invariata considerando il rapporto tra numero di agriturismi e di residenti (Teramo: 7; Chieti: 4; L’Aquila: 4 e Pescara: 3) e si modifica parzialmente, con lo scavalcamento di Pescara su Chieti, se si mette in relazione la loro quantità con la superficie provinciale (Teramo: 11%; Pescara: 9%; Chieti: 6,0; L’Aquila: 2,0%).
L’Abruzzo, regione nella quale non sono presenti aree classificate come pianeggianti, vede al pari dell’Italia una particolare concentrazione di agriturismi nelle zone collinari (379 aziende pari al 65%; Italia: 53%).
Più contenuta è la presenza degli esercizi nelle montane (201 che equivale al 35% superiore al 31% italiano).
In particolare si osserva che l’Abruzzo mostra un’attitudine maggiore della media nazionale e della quasi totalità delle singole regioni italiane, se si escludono Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, classificate interamente come montane, e Puglia, Basilicata e Sardegna dove, invece, sono le aree pianeggianti ad essere prevalenti per queste attività, ad ospitare aziende agrituristiche nelle aree collinari, come dimostrato dal valore dell’indice di specializzazione regionale (rapporto tra il numero di agriturismi per kmq di ogni zona altimetrica e il corrispondente valore medio) superiore a 1 e, in particolare, di 1,9 (Italia:1,3).
All’Aquila, territorio esclusivamente montano, il 100% degli agriturismi è in tale area (indice di specializzazione: 1); nelle altre province prevalente è la presenza di tali attività in zona collinare (Chieti: 85%; Pescara: 80%; Teramo: 75%).
Complementari a questi valori, pertanto sensibilmente più bassi, sono i pesi percentuali in tali province del numero di agriturismi in area montana.
Teramo, Chieti e Pescara presentano quindi relativamente alla densità di esercizi nelle aree collinari indici di specializzazione superiori ad 1.
I comuni nei quali nel 2019 operano aziende agrituristiche autorizzate sono 177, cioè il 58,0% del totale abruzzese (305), anche se per 28 comuni non si dispone di dati.
Tra le province emerge Teramo dove la quasi totalità dei comuni è provvista di strutture agrituristiche (96%) mentre l’Aquila li registra in solo poco più di due su cinque (43%). Le altre province riportano valori intermedi (Pescara: 63%; Chieti: 55%).
In regione, così come nella media nazionale i titolari degli agriturismi sono prevalentemente maschi. Poco meno della metà degli esercizi abruzzesi è gestito da donne (47%), percentuale decisamente superiore a quella media nazionale (35%).
Nella figura che precede si evince a colpo d’occhio come, per ovvi motivi, le imprese agrituristiche siano più presenti nelle regioni maggiormente estese, più vocate e più “evolute” sotto il profilo imprenditoriale e che quelle a guida femminile siano maggiori, per i motivi suesposti, nell’area meridionale dell’Italia.
Il risultato abruzzese è strettamente legato al fatto che due province registrano una presenza femminile superiore al 50% (Pescara: 54%; L’Aquila: 52%) e anche le altre, comunque, segnano un valore ben al di sopra della media nazionale (Teramo: 44%; Chieti: 43%).
Che cosa offrono
Diverse sono le tipologie di servizi che possono essere erogati dagli agriturismi, quali alloggio, ristorazione, degustazione (somministrazione di prodotti che non hanno subito per tale scopo operazioni di particolare manipolazione e cottura: prodotti agricoli e zootecnici direttamente utilizzabili senza bisogno di alcuna trasformazione quali latte e frutta e prodotti che necessitano di una prima trasformazione quali olio, vino e formaggi) e altre attività. Queste ultime includono, ad esempio, attività sportive, equitazione, escursioni, osservazioni naturalistiche, trekking,
L’alloggio è il servizio maggiormente diffuso poiché offerto dall’83% delle strutture regionali, percentuale di poco superiore a quella media italiana (82%) sulla quale incidono i pesi di Umbria, Liguria, Toscana, Puglia e Sicilia regioni nelle quali più del 90% degli agriturismi consente il pernottamento.
Segue in regione la ristorazione che interessa il 71% degli esercizi ed è quindi assai più diffusa che nel complesso nazionale (50%), servizio per il quale emergono Campania, Calabria e Molise dove più di 4 agriturismi su 5 offrono la possibilità di consumare pasti.
Le altre attività, diffusi largamente in Sicilia, Campania e Umbria perché offerte da più dell’80% degli agriturismi, hanno in regione un peso leggermente inferiore a quello medio nazionale (50% contro 51%).
Fanalino di coda è la degustazione, che può essere definita l’attività più recente e trendy, offerta da poco meno del 18% delle aziende abruzzesi contro il quasi 26% di quelle nazionali. Pesi percentuali assai maggiori ha questo tipo di servizio in Piemonte e Sicilia regioni nelle quali viene organizzata da più della metà degli agriturismi.
Si precisa che la somma dei valori percentuali dei singoli servizi risulta superiore a 100% perché le aziende agrituristiche possono fornire contemporaneamente diversi tipi di servizi ed essere quindi classificate in più di un raggruppamento.
A differenza del trend italiano di aumento di esercizi autorizzati per tutte le tipologie di servizi, nel corso dell’ultimo decennio in Abruzzo sono diminuiti gli agriturismi che offrono alloggio (-12%) e altre attività (-17,5%) mentre sono aumentati quelli autorizzati alla ristorazione (+14,9% rispetto al +25,6% italiano) e soprattutto alla degustazione (+415,0% rispetto al +67,2% nazionale).
Nel corso del 2020, si rilevano incrementi percentuali regionali per tutti i servizi offerti assai più consistenti di quelli medi nazionali (alloggio: +4% contro +2%; ristorazione: +4% contro +2%; degustazione: +20% contro +8%; altre attività: +5% contro +1%).
Dal punto di vista provinciale emergono Teramo e Pescara per una maggiore diffusione del servizio di alloggio, Chieti per la ristorazione, L’Aquila per la degustazione e Pescara per le altre attività.
Ottimo l’andamento decennale e buono nel complesso quello annuo di tutti i servizi offerti dagli agriturismi della provincia di Chieti e, in misura minore, di Teramo. In aumento rispetto al 2019 tutte le attività all’Aquila e, esclusa la ristorazione, a Pescara, province che però rispetto al 2010 registrano la sola crescita del numero di esercizi che offrono attività di degustazione.
Quanti sono quelli con alloggio
Secondo la banca dati I.Stat, nel 2020 le 480 strutture agrituristiche presenti in Abruzzo che offrono servizio di alloggio dispongono di 6.163 posti letto che rappresentano circa il 2% della capacità ricettiva agrituristica nazionale e collocano la regione nelle posizioni di retroguardia (al 16° posto sia per gli esercizi che per i posti letto) nella graduatoria nazionale che vede primeggiare Toscana (4.985 esercizi e 85.112 posti letto pari rispettivamente al 24% e 29%) e Trentino Alto Adige (3.154 esercizi e 30.536 posti letto corrispondenti rispettivamente al 15% e 10%).
A differenza di quanto si osserva a livello medio nazionale, nell’ultimo decennio l’Abruzzo, nonostante gli aumenti tra il 2019 e il 2020 delle attività (+4% superiore al +2% medio nazionale) e dei posti letti (+2% inferiore al 3% italiano), ha fatto registrare un calo del 12% del numero di esercizi agrituristici con alloggio (Italia: +24%) che è stato accompagnato da una contrazione dell’1% dei posti letto (Italia: +42%). Diffusamente positivi, eccezion fatta per Abruzzo, Basilicata (esercizi: -12%; posti letto: -23%) e Calabria (-14% e -10%), sono gli andamenti riportati nel periodo 2010-2020 dalle altre regioni, tra le quali spiccano Puglia (rispettivamente +148% e +109%) e Liguria (+68% e +147%).
La dimensione media degli agriturismi abruzzesi è di 12,8 posti letto per esercizio, inferiore al 14,3 italiano. Le strutture mediamente più grandi della media nazionale sono ubicate in Puglia (18,2), Umbria (17,9) e Toscana (17,1), Sicilia (16,6) Lombardia (15,8), Liguria (15,7) e Lazio (15,5). Solo Campania e Trentino Alto Adige hanno in media meno di 10 posti letto per attività.
L’indice di funzione turistica, cioè la densità della capacità ricettiva rispetto alla popolazione (posti letto/1.000 abitanti), usato per attenuare la distorsione dovuta alla diversa dimensione demografica regionale, dell’Abruzzo è allineato a quello medio nazionale (4,8 contro 4,9). Tale valore è particolarmente elevato (superiore a 20) in Umbria (28,9), Trentino Alto Adige (28,4) Toscana (23,0) e basso (inferiore a 2) in Lombardia (1,5), e Campania (1,1).
Nella regione Abruzzo la capacità ricettiva agrituristica non è distribuita in maniera uniforme ma premia in particolare la provincia Teramo nella quale è localizzato più di un terzo delle strutture (186 pari al 38,8%) e dei posti letto (2.444 pari al 39,7%). Segue Chieti con quasi un quarto degli esercizi (24,8%) e dei posti letto (23,5%). L’Aquila è la provincia meno dotata di strutture e posti letto agrituristici le cui percentuali si aggirano sul 16%.
Per quanto riguarda la dimensione media (posti letto/n. esercizi) sono Pescara e Teramo, rispettivamente con 13,4 e 13,1, a presentare valori superiori alla media regionale al contrario dell’Aquila e di Chieti che riportano numeri inferiori rispetto ad essa (nell’ordine 12,6 e 12,2).
L’indice di funzione turistica regionale (4,8) è sensibilmente influenzato positivamente dall’alto valore di Teramo (8,1). Le altre province si attestano sul 3,5-4,0.
Tra il 2010 e il 2020 si registrano accentuate flessioni del numero di esercizi ricettivi e di posti letto nelle province di Pescara (rispettivamente -43% e -39%) e L’Aquila (-29% e -19%) che sono state attenuate ma non bilanciate dagli importanti accrescimenti di Chieti (+28,0% e +80%) e da quelli più modesti di Teramo (+6% e +15%).
I dati di maggior dettaglio territoriale forniti dal Servizio Sviluppo del Turismo della Regione Abruzzo evidenziano che nel 2020 strutture ricettive di tipo agrituristico sono presenti in 160 comuni pari al 52,5% del totale abruzzese. Emerge la provincia di Teramo (78,7%) mentre è molto attardata quella dell’Aquila (38,9%).
Rispetto al 2008, pur osservando che in 13 comuni abruzzesi ha chiuso l’unica struttura agrituristica con alloggio presente, i comuni dotati di tali esercizi sono aumentati (+15,9%) evidenziando un certo processo di diffusione del fenomeno. Essi sono distribuiti diffusamente nelle province litoranee, dove l’incremento è stato limitato (dal +4,0% di Chieti al +8,8% di Teramo) mentre nella provincia dell’Aquila l’incremento è stato ben maggiore (+55,6%) ma non ha recuperato lo svantaggio rispetto alle altre.
La ricettività agrituristica ha una certa rilevanza in Abruzzo considerando che secondo i dati Istat nel 2020 essa rappresenta il 15% del totale degli esercizi (Italia: 9%) e il 5% dei posti letto (Italia: 6%). Rispetto al 2010 si osserva in regione un quasi dimezzamento del peso del numero di attività agrituristiche sul totale delle ricettive che a livello nazionale si traduce in un calo di assai inferiore intensità, e, in controtendenza con la media Italia, una lieve diminuzione del numero di posti letto. Il confronto con il 2019 evidenzia una certa stabilità.
In dettaglio l’incidenza degli esercizi agrituristici sul totale è maggiore a Teramo e Pescara (21% e 17%), seguite da Chieti (13%) e L’Aquila (9%), quella dei posti letto a Pescara (10%). Teramo e Chieti mostrano valori di poco superiori al 5%, L’Aquila al 4%.
Nel complesso si registra rispetto al 2019 un netto miglioramento della capacità ricettiva agrituristica all’Aquila (esercizi: +19%; posti letto: +12%), un incremento assai più modesto a Chieti (+3% per ambedue gli indicatori) e una situazione sostanzialmente invariata nelle altre provincie.
Un’analisi di lungo periodo evidenzia un forte ridimensionamento del peso della ricettività agrituristica sul totale in termini di numero di esercizi a Pescara e all’Aquila (rispettivamente -43% e -29%) e un incremento a Chieti e Teramo (nell’ordine +28% e +6%). Sotto il profilo dei posti letto, invece, Teramo e soprattutto Chieti mostrano un certo aumento dell’incidenza (+15% e +81%), L’Aquila e Pescara una contrazione (-19% e -39%).
Quanti turisti hanno ospitato
Gli agriturismi abruzzesi nel 2020 hanno registrato 20.208 arrivi (turisti) e 66.319 presenze (pernottamenti), che rappresentano lo 0,9% e lo 0,7% dei rispettivi totali rilevati in Italia con un ruolo il ruolo residuale della regione che la pone rispettivamente al 16° e 15° posto della graduatoria nazionale nella quale prevalgono Toscana e Trentino Alto Adige che rappresentano ognuno più di un quarto delle presenze agrituristiche italiane.
Durante il decennio le presenze agrituristiche in Abruzzo sono diminuite (-31%) più di quanto sia successo in Italia (-3%). Il dato nazionale è il risultato del diverso andamento delle regioni tra le quali si distinguono in positivo in particolare Sardegna (+98%), Piemonte (+80%) e Puglia (+58%) e in negativo Campania (-71%), Basilicata (-47%), Molise (-42%) e Lazio (-42%). Si può osservare che a livello Italia sul risultato del decennio ha inciso il crollo verificatosi durante il 2020 che, con una contrazione del 34% rispetto al 2019 (in particolare Campania: -55%; Sicilia: -48,0%), ha annullato la crescita costante registrata durante gli anni precedenti.
La situazione è ben diversa per l’Abruzzo e anche per il Molise uniche due regioni a registrare incrementi (rispettivamente +26% e +3%). Tale anomalia potrebbe trovare spiegazione nel fatto che proprio l’Abruzzo e il Molise sono percepite come particolarmente appetibili per il loro immenso patrimonio naturalistico che consente lo svolgimento di attività en plain air in sicurezza, per il basso impatto che hanno registrato relativamente al Covid nella fase della prima ondata (marzo-maggio 2020) e per il loro generalmente ridotto richiamo turistico confrontato con i grandi poli turistici nazionali che, nel caso specifico, è stato letto come ridotto rischio di assembramenti e, quindi, di contagio.
Il movimento negli agriturismi abruzzesi è solo in piccola parte da riferire a turisti stranieri considerando che essi effettuano solo l’11% dei pernottamenti, valore molto inferiore a quello italiano (38%) e al terzultimo posto della graduatoria regionale nella quale emergono Trentino Alto Adige (59%), Liguria (40%), Toscana (38%) e Lombardia (38%).
Nel corso dell’ultimo decennio i pernottamenti degli stranieri negli agriturismi abruzzesi sono diminuiti notevolmente (-71%) principalmente per il crollo verificatosi nel 2020 (-52%) dovuto alle restrizioni ai movimenti internazionali. Al contrario, i pernottamenti degli italiani, pur essendo diminuiti nel decennio del 17,4% (Italia +22,1%), hanno visto un aumento considerevole nel corso del 2020 (+19,6%). Tale risultato è uno dei migliori tra le regioni italiane dopo il boom registrato da Molise (+45,6%) e Calabria (+31,8%).
La permanenza media negli agriturismi abruzzesi è nel 2020 di 3,3 giorni, inferiore a quella media negli agriturismi italiani (4,2) tra i quali spiccano le strutture trentine (6,0). La durata della vacanza negli agriturismi abruzzesi, inoltre, è minore anche di quella della media delle strutture ricettive (alberghiere ed extralberghiere) regionali (3,8).
I pernottamenti negli agriturismi abruzzesi costituiscono nel 2020 solo l’1,7% delle presenze nella totalità degli esercizi ricettivi regionali, quota ben al di sotto della corrispondente media italiana (4,4%) che rende evidente il ruolo limitato dell’agriturismo. Durante l’ultimo decennio tale quota, sebbene in misura inferiore a quanto accaduto in Italia (nel 2010 era rispettivamente dell’1,3% e del 2,5%) è lievemente aumentata e rispetto al 2019, in controtendenza con quanto accaduto nella maggior parte delle regioni (Italia: -34%) i pernottamenti negli abruturismi abruzzesi sono aumentati (+3%).
L’analisi con dettaglio provinciale mostra che riguardo al movimento turistico, nel 2020 emerge Teramo che, con 5.838 arrivi e 20.721 presenze (pernottamenti), rappresenta rispettivamente il 29% e il 31% del totale regionale. Seguono Pescara (5.531 arrivi e 18.638 presenze; pari nell’ordine al 27% e al 28%) e Chieti (5.082 arrivi e 15.782 presenze, che corrispondono al 25% e al 24%). L’Aquila registra il movimento minore (3.757 arrivi e 11.178 presenze) costituendo solo il 19% degli agrituristi e il 17% dei pernottamenti.
Durante il decennio 2010-2020 le presenze agrituristiche sono diminuite in tutte le province abruzzesi, con risultati che vanno dal -40% di Pescara al -20% di Teramo. Gli arrivi (agrituristi) sono diminuiti del 2%, valore derivante dalla compensazione delle flessioni di L’Aquila (-26%) e Chieti (-0,3%) con gli incrementi di Teramo (+16%) e Pescara (+1%).
Nell’anno del Covid, invece, le presenze negli agriturismi sono aumentate all’Aquila (+32%), Pescara (+8%) e Chieti (+4%) e diminuite nella sola provincia di Teramo (-13%).
Anche a livello provinciale nel 2020 il movimento negli agriturismi è prodotto dagli stranieri solo in piccola parte, con un peso particolarmente limitato a L’Aquila (3% delle presenze) e Chieti (8%) mentre a Teramo e Pescara raggiunge un valore superiore a quello medio regionale (rispettivamente 14% e 15%).
Nel corso dell’ultimo decennio i pernottamenti degli stranieri negli agriturismi sono diminuiti in tutte le province abruzzesi, in particolare a Pescara (-80%), L’Aquila (-79%) e Chieti (-69%) e, in misura considerevole ma minore, a Teramo (-44%). Questa flessione è stata amplificata dal crollo registrato nel 2020, l’anno della pandemia. Infatti nel 2020 le presenze di stranieri si sono generalmente dimezzate rispetto al 2019 con diminuzioni che hanno sfiorato il 60% a L’Aquila (-59%), a Pescara e a Chieti (entrambe -58%).
La permanenza media negli agriturismi delle province abruzzesi varia da un massimo di 4 giorni a Teramo a un minimo di 3 giorni a L’Aquila. Essa si allunga per gli stranieri che soggiornano in media per 5 giorni a Teramo fino a un minimo di quasi 3 giorni a L’Aquila.
Nel corso del decennio la durata media del soggiorno in agriturismo è diminuita in tutte le province abruzzesi, registrando l’accorciamento più pesante a Pescara dove rispetto al 2010 ha perso 2,4 giorni. A L’Aquila invece è rimasta pressoché invariata.
Conclusioni
L’agriturismo, offre, da un canto, agli imprenditori agricoli la possibilità di integrare il reddito aziendale con attività complementari e, dall’altro, di intraprendere l’attività agricola da parte di chi non la praticava, arricchendola con l’esercizio di funzioni turistiche. In tal modo esso svolge un importante ruolo, permettendo di limitare lo spopolamento delle aree rurali, causato dall’emigrazione verso le aree urbanizzate nazionali ed estere alla ricerca di migliori condizioni di vita, e di evitarne le ripercussioni negative quali l’abbandono del territorio, il dissesto idrogeologico e la dissoluzione della cultura contadina espressa dalle produzioni tipiche non solo agricole ma anche gastronomiche e artigianali.
Infatti, la normativa consente agli agriturismi di fornire, oltre all’alloggio, la ristorazione e la degustazione che permettono di mantenere viva la tradizione gastronomica locale, caratterizzata spesso da prodotti tipici e tradizionali di recente riconoscimento normativo nazionale e comunitario.
Inoltre, tra le altre attività svolte, quella delle fattorie didattiche permette la comunicazione dal mondo rurale a quello urbano, anche presso le nuove generazioni, della conoscenza delle lavorazioni tradizionali sia agroalimentari che artigianali.
Le strutture agrituristiche, utilizzando spesso gli antichi fabbricati rurali recuperati, svolgono un ruolo importante anche nella conservazione del paesaggio rurale operando come soggetto che sintetizza sia la dimensione materiale (prodotti tipici gastronomici e artigianali, edifici rurali) che quella immateriale (tradizioni contadine).
Tali considerazioni ci consentono di rilevare il ruolo importante svolto dall’agriturismo nell’ambito del contesto sociale ed economico delle aree rurali in genere e in particolare quelle abruzzesi.
Se gli agriturismi nella regione sono meno diffusi della media nazionale e in arretramento rispetto al trend italiano nell’ultimo decennio, sintomo delle difficoltà di un settore colpito dalla crisi economica, essi hanno mostrato, invece, un certo successo durante il 2020 nel corso della pandemia da Covid 19 perché considerati una tipologia di struttura turistica sicura dal punto di vista sanitario che consente il mantenimento delle misure precauzionali di distanziamento. Motivazione alla quale si aggiunge anche la posizione della regione a ridosso della capitale e dell’area metropolitana napoletana, dalle quali si originano importanti flussi turistici diretti in Abruzzo.
L’attrattività di questa tipologia turistica, che attualmente nella regione sembra limitata strettamente al fine settimana, potrebbe essere rafforzata organizzando e coordinando l’offerta delle attività complementari che fanno dell’agriturismo un presidio per la conservazione e trasmissione della cultura contadina, sia dal punto di vista materiale che immateriale.