L’AQUILA – Detenuto arrogante o polizia che abusa di potere? Decine di detenuti rinchiusi in una cella di pochi metri quadri, aggressioni, abuso di potere e sovraffollamento, sono solo alcuni dei problemi messi in luce dai riflettori della pandemia Covid-19.
L’aumento dei contagi da Coronavirus all’interno degli istituti penitenziari, ha messo in evidenza le indegne condizioni vissute dai detenuti costretti a vivere, anche in 10, in pochi metri quadri. Una situazione già di per sé preoccupante, al limite del rispetto dei diritti umani, aggravata ancora di più dalla facilità di contagio negli spazi ristretti in cui sono rinchiusi i detenuti. Non tutti i carcerati risultati positivi al covid-19 sono stati isolati, complice il sovraffollamento e quindi la carenza di celle vuote. I detenuti risultati negativi, infatti, sono stati costretti a condividere la propria abitazione con quelli positivi, rischiando così di ammalarsi anche loro.
La Corte EDU, con la sentenza Torreggiani,
ha intimato il nostro paese a ridurre il numero delle presenze in carcere individuando rimedi preventivi e compensativi finalizzati a riparare le violazioni ‘seriali’ dell’art. 3 della Convenzione. Il Governo, con il nuovo Dpcm, ha tentato di fronteggiare l’emergenza carceri ma con scarsi risultati. A Poggio Reale, ad esempio, 60 detenuti avrebbero diritto alla detenzione domiciliare come pena alternativa, ma, ad oggi, non ne è stata concessa ancora a nessuno. A rallentare il processo è la carenza di circa – 40 % dei magistrati di vigilanza che si occupano delle pratiche. Altra alternativa proposta erano i braccialetti elettronici ma di 24mila che erano previsti, ne sono stati attivati solo 2600. Polemica bollente anche quella del 41 bis. Grazie ad una circolare disposta per l’emergenza sanitaria, sono usciti 376 detenuti condannati al carcere duro, tra cui 3 bos.
Detenuto arrogante o polizia che abusa di potere?
L’insieme di queste situazioni, la privazione delle visite dei familiari ad altri innumerevoli problemi, hanno portato all’esasperazione di molti detenuti. L’insofferenza è sfociata in violente sommosse che hanno interessato 21 carceri. Gli agenti feriti sono stati 107, i detenuti 69. Tredici i morti e oltre 10milioni di euro per i danni causati alle strutture.
Solo nel carcere di Modena sono morti 5 detenuti
Altri 4 mentre venivano trasportati in altre strutture penitenziaria. Ma non solo. Secondo i racconti di alcuni detenuti, la polizia penitenziaria avrebbe abusato del proprio potere compiendo violenze a freddo indipendenti dalle rivolte. “Ci stanno massacrando di botte”, ha detto un detenuto alla moglie tramite microtelefono nascosto. Alcuni dei galeotti hanno subito gravi percosse come la rottura di costole, ma sono stati abbandonati a se stessi per giorni, senza neanche essere sottoposti a risonanza. Chi non ha partecipato – da quanto raccontato – è stato picchiato lo stesso con manganelli di ferro, non di plastica. “Ricordo ancora gli schizzi di sangue”, racconta uno di loro. Alcuni “innocenti” sono stati privati delle proprie scarpe e chiusi per 20 giorni in una cella. Ciò è quanto risulta dall’esposto presentato da 5 detenuti. Tra le varie denunce alcuni hanno dichiarato di non aver ricevuto medicine salvavita. Alla consegna degli avvisi di garanzia gli agenti sono saliti sui tetti delle carceri come segno di protesta, “è’ stata lesa la dignità di una divisa. Noi non ci stiamo. L’arroganza dei detenuti, oggi, è diventata più forte nei confronti della polizia penitenziaria”, dice uno di loro.
Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere
attraverso le registrazioni delle telecamere di sorveglianza, la procura ha individuato abusi che sarebbero stati commessi da 44 agenti penitenziari, ora indagati. Gli agenti coinvolti sarebbero oltre cento, ma non è stato possibile individuarli poiché indossavano caschi antisommossa.
Denunce di abusi e violenza sono raccontati in numerose lettere dei carcerati, ma, nessuno di loro ha il coraggio di denunciare per paura di ritorsioni. Galeotti arroganti e poliziotti penitenziari che abusano della propria autorità. E’ questa la realtà delle carceri italiani, raccontata da detenuti e polizia penitenziaria ai tempi del Covid-19.