di Luca Telese – Prologo. È una storia lontana che potrebbe iniziare nel novembre del 1989, con uno scambio di battute memorabile nei corridoi del secondo piano di Botteghe Oscure. Achille Occhetto ha appena celebrato la sua Bolognina. È l’inizio della Svolta. Il Pci cambia nome. Un giovane Massimo D’Alema e un giovane Walter Veltroni si incontrano dopo una notte insonne. «Ti vedo stravolto», dice Walter. «È vero, ho litigato con Linda, sul cambio del nome!». Ma poi anche D’Alema guarda il compagno: «Però sembri sbattuto pure tu…». Allora a sospirare è Veltroni: «È vero. Anche io ho litigato con Flavia. Anche lei non è d’accordo». Allora D’Alema scuote la testa: «Ma se non riusciamo a convincere nemmeno le nostre mogli, come faremo a far digerire la Svolta un intero partito?».Questa storia può partire anche così, dal cortocircuito fra pubblico e privato.Può partire dal terremoto delle identità, consegnato in un quadretto memorabile dallo stesso D’Ale – ma al suo biografo, Giovanni Fasanella. Quella sarebbe stata l’ultima battaglia comune dei due. Finita la Svolta iniziano le guerre veltro-dalemiane. Così, per capire come finisce la famiglia rossa di Botteghe Oscure, bisogna tornare a sfogliare l’album di famiglia, l’almanacco delle gioie e dei veleni. Fino al 1994 i quarantenni di Botteghe Oscure, i rottamatori del Pci, marciano uniti dietro ad Achille Occhetto.
Di questo capitolo è rimasto un racconto memorabile in Rendiconto , il diario di uno di loro, Claudio Petruccioli. Poi, quando vince Silvio Berlusconi, Occhetto salta per aria: «Venne da me un deputato di Gallipoli – scrive nel suo Il sentimento e la ragione – a dirmi che ero una sorta di obsolescenza». Il deputato di Gallipoli ha i baffi, e si chiama D’Alema. Approfitta del cappotto del Cavaliere (politiche più europee!) per sfrattare il fondatore del Pds. La reazione di Occhetto è inesorabile: gli candida contro un giovane dirigente che gli è vicino da sempre. Il suo nome è Walter Veltroni. Il partito si divide come una mela. Una consultazione tra gli iscritti indica a sorpresa, in Veltroni, il futuro segretario. Quella decisiva, tra i dirigenti, ribalta il verdetto eleggendo l’uomo che da allora viene definito il lìder maximo. È la prima guerra veltro-dalemiana. E si conclude con un trattato di pace che porta Veltroni sulla poltrona che fu di D’Alema, a l’Unità. Veltroni si inventa la famosa campagna dei film in vhs. Ancora oggi Luigi Dulizia, veterano della diffusione, ricorda quei giorni magici: «Vendevamo 400 mila copie. Ci copiarono tutti!».
Anni dopo, D’Alema riuscirà ad esercitare il suo sarcasmo persino su quello: «La mia Unitàvendeva il doppio. E gli allegati li ho inventati io, con le musicassette dei cantautori». I dettagli rivelano sempre il demonio. Nel 1996, Walter è «ulivista» e Massimo è «partitista». Veltroni diventa numero due di Prodi, D’Alema suo nemico. Nell’ottobre del 1998 Prodi cade, D’Alema va a Palazzo Chigi e scoppia la seconda guerra veltro-dalemiana. Poi però c’è una tregua. Veltroni sceglie la via di Botteghe Oscure, che diventa con lui «il Botteghino di via Nazionale», perché la sede storica deve essere venduta per pagare i debiti. L’Unitàchiude. Il Pds con D’Alema diventa Ds. La falce e martello che Occhetto aveva tenuto alle radici scompare. In tutto il mondo i partiti che perdono cambiano gruppo dirigente, in Italia si crea questa curiosa anomalia: il partito cambia nome ben quattro volte (Pci-Pds-Ds- Pd) ma il gruppo dirigente è sempre lo stesso. La segreteria che aveva deciso il cambio del nome del Pci era così composta: Livia (Turco) Massimo (D’Alema), Antonio (Bassolino), (Fabio Mussi), Walter (Veltroni). Venti anni dopo l’unico che fa un passo indietro volontario è Mussi (vedi intervista). Tutti gli altri, con un fenomeno di longevità spaventosa (di più hanno fatto solo Fidel Castro e Kim il Sung) restano in campo. Li unisce quel sentimento che Andrea Romano nel suo Compagni di scuola (Mondadori), ha definito il senso della famiglia: ci odiamo ma non possiamo fare a meno di convivere. Nel 2006 torna persino Prodi. Ma questa volta il suo posto è preso da Veltroni. Eppure anche Veltroni perde nelle elezioni del 2008. E nel 2009 getta la spugna, amareggiato per come è diventato il suo Pd, e per la guerriglia di D’Alema (ancora lui). È la terza guerra veltro- dalemiana.
Eppure anche stavolta non c’è redde rationem, nessuna catarsi. I cattolici del Ppi sono entrati nel sangue del partitone senza diluirsi. Anche loro mummificati, con il loro Pantheon. Una meravigliosa vignetta di Altan racconta la strana ambiguità di questo gruppo dirigente. Il dibattito dopo il voto, inizia, secondo il sublime vignettista, con questa esortazione ai militanti: «Compagni: dove avete sbagliato?» (geniale). La famiglia Botteghe Oscure accoglie e respinge figli adottivi (Francesco Rutelli, Sergio Cofferati), cambia segretari (arriva persino il turno di Fassino), ma non si mette in discussione mai. Forse non può. È come se i post-comunisti non riuscissero mai a fare chiarezza, come se non riuscissero a varcare le colonne del secolo Novecento. La crisi viene aperta da un’altra crisi. Quella del berlusconismo. Quando il Cavaliere (pochi giorni fa) getta la spugna, è come se venisse meno il vincolo che ha tenuto insieme tutto e il contrario di tutto. L’altro fattore scatenante è Renzi, con la sua campagna per la «rottamazione». Ma l’ultima sopresa è Pierluigi Bersani. Nella foto dei «compagni di scuola», se ci pensate, lui non c’è mai. È l’unico che è cresciuto in provincia (e questo lo unisce, per paradosso a Renzi). È l’unico che può fare il salto. Lo fa, esattamente ieri. Resterà agli atti la vignetta di Staino. Bobo dice. «D’Alema, se vuoi raccolgo anche io le firme per la tua ricandidatura. Basta che tu poi dici no».
La famiglia rosso antico ha trovato il suo Bruto? Oppure si è finalmente liberata della maledizione dei post? La rinuncia volontaria di Veltroni è l’ultima mossa che innesca l’effetto domino. Nei prossimi giorni scopriremo se questo è il capitolo che si chiude con la parola fine. O se è quello che avvia una nuova storia. Sta di fatto che il renzismo ha americanizzato anche il suo avversario. La nuova era, comunque vada, riparte da una pompa di benzina di Bettola.