Coronavirus: cosa hanno fatto i giovani in questa settimana?

Riflessioni di un ragazzo aquilano nei giorni dell'isolamento

di Redazione | 18 Marzo 2020 @ 08:38 | RACCONTANDO
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Covid-19. Italia zona protetta. Proviamo a raccontare come vivono i miei coetanei e tutto ciò ripercorrendo con la mente le ultime settimane. Nel farlo devo però evitare le banalità e i cliché di questi giorni (bandite analogie con Camus, Márquez, Manzoni) e rimanere ancorato ai fatti. Ma come non vacillare in questo periodo?

Prendo il cellulare e cerco tra le chat la parola “coronavirus”, voglio sapere quando è entrata per la prima volta tra le nostre conversazioni. Era il ventisei gennaio, quattro giorni dopo due turisti cinesi sarebbero risultati positivi al virus e il presidente del consiglio avrebbe annunciato l’interruzione dei voli da e per la Cina; il diciotto febbraio il primo caso di trasmissione secondaria a Codogno, in Lombardia; il quattro marzo viene annunciata la chiusura delle università e delle scuole di ogni ordine e grado fino al quindici marzo, prolungata poi fino al 3 aprile con l’estensione, il nove marzo, della zona rossa a tutta la penisola italiana; l’undici marzo ulteriori misure restrittive vengono annunciate. Pochi fatti certi attorno a cui si è sviluppata una quotidianità provvisoria. E incerta.

Non ho modi per raccontare obiettivamente questa quotidianità. Essa non è costituita da fatti ma da impressioni; non è stabile ma muta di giorno in giorno. Quando dieci giorni fa le scuole sono state chiuse, ho sentito un adolescente dire distrattamente “siamo in vacanza”; nessuno ha smesso di uscire di casa, nessuno credeva o sapeva che sarebbe stato necessario farlo. A L’Aquila poi.

Eppure già qualcosa era cambiato. Sensazioni per lo più, un po’ di gente in meno nei locali; solo con il dpcm del nove marzo la nostra quotidianità è ufficialmente cambiata. Ci si è trovati spaesati. Dopo settimane di notizie confuse, titoli fuorvianti e voci di corridoio, un messaggio certo. Immediato.

È il sedici marzo. Cosa hanno fatto i giovani in questa settimana? Molti hanno riempito le ore con delle letture, altri con i film e le serie tv. Si è studiato, si sono compiute lunghe telefonate, interminabili videochiamate di gruppo. Il giovedì molti hanno voluto portare avanti lo spirito di ogni giovedì universitario… virtualmente. Ho pensato che sarebbe stato divertente vedere se le persone avrebbero trovato qualcosa da pubblicare su Instagram, ora che da far vedere c’è poco, e non sono rimasto deluso. Oggi sono iniziate le lezioni virtuali per gli studenti dell’univaq e, tolto qualche piccolo problema con la piattaforma, com’era prevedibile, tutti hanno potuto riprendere questo primo timido contatto con la realtà.

Ecco ciò che non bisogna perdere: la cognizione di ciò che è reale; e forse proprio questa faccenda ci può aiutare a capirlo. Combattere l’astrattezza del linguaggio che ci viene imposto ormai con delle cose molto precise, diceva Calvino nel 1981, lasciando delle chiavi per il ventunesimo secolo. Partiamo dal basso. I momenti di crisi sono momenti di riflessione. Ho visto anch’io i treni stracolmi, i giovani che brindavano alla faccia del coronavirus e la gente a spasso. Non lasciate che la vostra paura si trasformi in rabbia, non cercate capri espiatori per giustificarla. Quando è iniziato tutto questo ho sentito dentro di me l’urgenza di impormi una regola: non dare la colpa al singolo. Puntare il dito nell’epoca dei social si trasforma molto facilmente in mattanza indiscriminata. Sfruttiamo invece quest’occasione per renderci conto di quello che non va. Capiamo perché l’individuo si comporta in quel modo, dove nasce ad esempio una tale allergia all’abnegazione e cominciamo a cercare un modo per cambiare. Un po’ di tempo da perdere lo abbiamo.

di Angelo Benedetti


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