Antonio Di Giandomenico, Cittadino senza città, dopo i recenti fatti che hanno visto protagonista il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, imporre un ultimatum al Governo e intavolare, sulla questione del tricolore ammainato, un duro scontro con il prefetto dell’Aquila, Francesco Alecci ha scritto una lettera aperta a quest’ultimo.
Preg.mo dott. Francesco ALECCI
Prefetto de L’Aquila
Eccellenza,
ho piena consapevolezza del fatto che ogni Sua azione è mossa dall’osservanza della legge, in particolar modo della Carta fondamentale alla quale tutte le leggi si ispirano: la frequentazione delle Istituzioni ( tre legislature come consigliere e assessore a Montereale, una al comune dell’Aquila, una da presidente dell’Agenzia del turismo regionale), ben mi fanno comprendere e condividere la correttezza della Sua azione a tutela della legge e del dettato costituzionale.
Ciononostante mi permetto di rivolgerLe cortese istanza: non dia seguito a quanto pure la norma Le imporrebbe, e lo chiedo nell’esclusivo interesse della Città e dei cittadini dell’Aquila.
Vede signor Prefetto: questa città, dal 6 aprile 2009, non ha dovuto subire solo le conseguenze del terremoto, ma ha dovuto fare i conti con la totale assenza di una classe dirigente degna di tale nome, di quella guida, cioè, che per convinzione e autorevolezza avrebbe dovuto innanzitutto unire cittadini e Istituzioni, darsi obiettivi e progetti condivisi, riuscire a colorare un futuro per i nostri figli, trovare nuovi motivi identitari per ri-definirci cittadini, comunità, aquilani.
Questo percorso, saggio e lungimirante, doveva essere guidato dalle nostre Istituzioni, tutte e senza eccezione alcuna, dal Comune fino al Parlamento.
Purtroppo all’Aquila si è inteso, da parte di tutti, lavorare per la divisione per appartenenza, spesso partitica, e questo ha fatto danni alla città e agli aquilani, pari o maggiori di quelli del sisma.
Come ha scritto un autorevole giornalista dell’Aquila, il Sindaco “ogni giorno deve trovare un nemico per dare un senso al suo lavoro….” (G. Parisse)
E’ da queste premesse, signor Prefetto, che siamo caduti nella trappola della lacerazione e della divisione, in una comunità il cui obiettivo primario avrebbe dovuto essere quello di cercare nuove ragioni per ri-unirsi, per ri-costruire coesione, non certo per dividersi per appartenenza!
Coscienti della inanità della loro azione di governo, essendosi affidandoti non a idee e progetti ma alla pura propaganda, per gli occupanti pro-tempore le Istituzioni era necessario alzare i toni dello scontro: va da sé che da una siffatta situazione chi esce sconfitto è la parte debole, in questo caso la popolazione dell’Aquila; e questa sconfitta è sotto gli occhi di tutti.
Anziché analizzare nel profondo le cause dell’abbandono della città da parte delle Istituzioni, e tentare saggiamente di ricostituire credibilità, ci si affida a gesti clamorosi, e spesso insulsi, come quello di toglierci la bandiera, simbolo sofferto dell’unità della Patria e della Nazione: gesto inqualificabile!
Eppure, Sig Prefetto, c’è chi, colpito da analoga disgrazia, ci ha insegnato come si lavora ai vari livelli istituzionali per ottenere risultato; pensi al silente e proficuo lavoro del Presidente dell’Emilia Romagna: ha ottenuto quel che era necessario per la ricostruzione ( 6 + 6 miliardi, iscritti nel bilancio dello stato, versati con il meccanismo della CDP!), e non risulta abbia fatto marce clamorose a Roma, né buttato addosso ai commessi di palazzo Chigi forme di parmigiano reggiano.
Errani ha lavorato per la unità delle istituzioni della sua regione, ha cercato e ottenuto unità di intenti con il governo, ha portato a casa i soldi per la ricostruzione: Errani aveva l’autorevolezza e il prestigio necessari alla bisogna; era ed è classe dirigente!.
Da noi ci si deve accontentare di modesti frequentatori dei media!
Antonio Di Giandomenico, Cittadino senza città,
E’ per questo, Sig. Prefetto, che Le chiedo di soprassedere all’adozione di provvedimenti dirompenti: ancorché giusti, sarebbero l’ennesimo motivo di divisione tra la cittadinanza, ormai abituata al tifo da stadio tra i pro e i contro; alimenterebbe ulteriore sfiducia nelle Istituzioni da parte di una popolazione ormai stanca delle divisioni e delle risse, animata dalla sola speranza di rivedere e rivivere la propria città.
L’occasione è gradita per inviarLe distinti saluti.