100 Documenti originali dell’Archivio Segreto Vaticano illuminano 12 secoli di storia. Un evento mediatico e culturale di quelli che ricorderemo: 100 documenti originali, custoditi da 400 anni nell’Archivio dei papi, per la prima volta nella storia hanno varcato i confini della Città del Vaticano e saranno visibili ai Musei Capitolini di Roma, dal 1° marzo a settembre del 2012, in occasione della mostra Lux in arcana – L’Archivio Segreto Vaticano si rivela. Conclavi, eresie, papi e imperatori. Crociate, scomuniche, lettere cifrate. Manoscritti, codici, antiche pergamene.
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Ma anche e soprattutto Celestino V: «Chi sono io per farmi carico di un così grande peso, di così tanto potere? Io non sono in grado di salvare me stesso, come potrò salvare il mondo intero?». Con queste parole che sembravano già preludere a quello che Dante nella Divina Commedia, precisamente nel terzo Canto dell’Inferno, avrebbe definito «il gran rifiuto» Pietro del Morrone, il futuro Celestino V, reagì – narra il suo biografo nel documento in mostra – alla notizia della sua elezione a pontefice, perfezionata dopo un conclave lungo e sofferto, convocato e interrotto più volte.
La scelta del pio eremita giungeva dopo 27 mesi di vacanza della Sede Apostolica, quando finalmente gli undici cardinali elettori, riunitisi nella città di Perugia, riuscirono ad appianare i loro in-sanabili contrasti per convergere unanimi – nolenti o volenti – sul nome dell’ottuagenario Pietro, la cui fama di santità aveva ormai superato le montagne d’Abruzzo per riecheggiare con silente fragore tanto negli ambienti della Curia romana quanto nelle corti dei sovrani europei. Tra questi, Carlo II d’Angiò sembra aver avuto un ruolo determinante nell’incitare i cardinali ad eleggere un successore al soglio di Pietro, interessato com’era a riottenere dagli Aragonesi quella Sicilia che i Vespri Siciliani nel 1281 gli avevano sottratto, e che sarebbe tornata in suo possesso solo grazie alla mediazione del papa di Roma, nominalmente sovrano dell’Isola.
La lettera che Pietro, prima della sua elezione, aveva inviato al cardinale Latino Malabranca, decano del Sacro Collegio, incitando i cardinali ad una condotta più onesta e coscienziosa del bene della Chiesa, e la successiva visione dello stesso cardinale Latino, carica di foschi presagi, avevano permesso di superare le aspirazioni personali, i contrasti dottrinali tra Francescani e Domenicani e l’eterna rivalità – interna anche al conclave – tra Colonna e Orsini. La crescente apprensione dei cardinali per la stabilità della Chiesa e dello Stato e la prospettiva di un pontificato breve avevano fatto il resto. La lettera recante la notizia dell’elezione – munita di undici sigilli in cera rossa, uno per ogni cardinale elettore – fu consegnata al neoeletto pontefice da quattro cardinali e due notai che inerpicatisi sul monte Morrone si trovarono davanti un uomo santo, dal vestito e dalle membra logore, gli occhi scavati e gonfi dal pianto, la barba incolta e lo sguardo confuso. Il papa angelico si inginocchiò umilmente di fronte ai suoi ospiti.
Ancora una volta il Papa del grande rifiuto, simbolo della Città dell’Aquila, torna alla ribalta.
Ma allora, perchè non potremmo ipotizzare e perseguire una mostra simile anche all’Aquila?