«Vorrei che finisse il piagnisteo sui soldi sprecati per le abitazioni allestite in meno di nove mesi per i senzatetto, che qualcuno dice ‘sottratti alla ricostruzione’ per rendere omaggio a manie di grandezza insensibili alle reali esigenze della città. Mi sento in obbligo di dire una cosa che avrei voluto sentir affermare da molti – afferma l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso nella lettera al quindicinale dell’arcidiocesi dell’Aquila ”Vola” -: se il tema della ricostruzione dell’Aquila è ancora all’ordine del giorno, lo si deve anche al fatto che la città è stata messa in grado di accogliere quasi tutti i suoi abitanti, impedendo uno degli effetti più normali di un sisma, il flusso di emigrati che abbandona le aree terremotate svuotando le città colpite. Si fa sempre l’esempio del Friuli, dimenticando che oggi nelle varie Americhe vivono più friulani di quanti ce ne sono in Italia, proprio a causa del ‘loro’ terremoto».
«Se il tema della ricostruzione è ancora all’ordine del giorno, lo si deve anche al fatto che è stato impedito uno degli effetti di un sisma, il flusso di emigrati».
«Ciò che ho visto – ha aggiunto – ad eccezione dell’impegno di tanti amici che non hanno smesso di darsi da fare, non mi ha fatto piacere. Ho visto persone che assumevano in pubblico posizioni critiche per poi dire in privato che a ciò si sentivano costrette, ho visto la sofferenza degli aquilani diventare oggetto di contese correntizie e tra partiti, ho visto tante manovre, tante difese di interessi anche piccoli e alle volte meschini, molta ingratitudine, buone dosi di egoismo corporativo, categoriale e di gruppo, molto astio che invece di ridursi molti hanno contribuito ad aumentare anche strumentalizzando con i megafoni mediatici presunte mie irregolarità sulla gestione di quei materiali utili solo a mitigare l’immenso disagio di chi ha dovuto trascorrere mesi nelle tendopoli».
«Mi aspettavo che, nel corso della recente visita del Capo del Governo, qualcuno presente facesse visitare al Premier e alla consorte una di quelle case, in modo da capire che all’Aquila, contrariamente al passato, non ci sono ‘baracche’, mi aspettavo che potessero almeno gettare lo sguardo anche dall’esterno alle scuole, alle palestre, alle opere realizzate a tempo record anche grazie alle donazioni degli italiani, generose come non mai. Mi aspettavo che qualcuno avesse il coraggio di spiegare – aggiunge – perché il centro storico è ancora fermo e perché le macerie sono ancora tutte lì, chissà se qualcuno presente avrà alzato la mano per dire:’questo avremmo dovuto farlo noi, ma non ne siamo stati capaci».