“San Giuliano e’ stato per me un punto di partenza, una sorta di impegno preso contro una tragedia facilitata dalla natura, dal terremoto, ma causata come sempre, dall’incuria, dalla superficialita’ e dalla mancanza di saggezza degli uomini”. E’ parte di un lungo post che l’ex capo del Dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso, dedica al suo blog al decennale della tragedia di S.Giuliano di Puglia, in cui morirono 27 bambini e una maestra per il crollo della scuola elementare del paesino molisano.
Da un po’ di tempo manco da San Giuliano e mi devo accontentare dei resoconti di chi ci è stato di recente e sa che mi fa piacere ricevere notizie e impressioni di prima mano. San Giuliano infatti mi è rimasta nel cuore e nella memoria, non un luogo, non un cantiere da portare a compimento, ma un insieme di volti di persone, sguardi, gesti, incontri.
L’inizio di una storia non ancora conclusa.
San Giuliano è stato per me un punto di partenza, una sorta di impegno preso contro una tragedia facilitata dalla natura, dal terremoto, ma causata come sempre, dall’incuria, dalla superficialità e dalla mancanza di saggezza degli uomini.
Credo di aver onorato quell’impegno, assunto come dovuto ai bimbi e alla maestra estratti dalle macerie e a coloro che si sono salvati.
In questa Italia smemorata e quasi lieta di vivere in presenza di rischi tremendi esorcizzandoli con il solo dimenticarli, il dramma della scuola di San Giuliano ha colpito le coscienze di tutto il Paese, permettendoci di far emergere alla coscienza collettiva la necessità di rivedere la classificazione sismica dell’Italia, di approvare una nuova normativa per le costruzioni nelle zone a rischio sismico, di lanciare un programma di messa in sicurezza delle scuole italiane più a rischio.
E’ stata una fiammata, che in tanti si sono adoperati per spegnere, o almeno smorzare.
In questi dieci anni si sono succeduti altri terremoti, altre catastrofi, altri morti.
Ne ho vissuto molte, di queste tragedie, prima di smettere il mio servizio al Dipartimento della Protezione Civile.
Ho trovato la stessa carica di sofferenzapersonalee collettiva che avevo incontrato a San Giuliano, le stesse lacrime, un identico sconforto di fronte ad un futuro per forza di cose ben diverso da quello sognato, sperato e costruito fino al momento della tragedia, in ogni territorio colpito da un qualche grave disastro. Ho visto che la nostra Protezione Civile ha saputo ancora migliorare le proprie capacità operative, senza perdere la carica di umanità e di solidarietà che ogni operatore è in grado di offrire, come donopersonale, quando interviene in favore di una popolazione colpita da una tragedia. Ma non ho visto il mio Paese dar prova davvero di aver appreso la lezione.
San Giuliano è rinato, portandosi addosso i segni delle assenze dovute a quel crollo, ed anche i segni di progetti, programmi e forse sogni che poi non si sono realizzati. Penso agli spazi della scuola degli Angeli, forse la più bella e sicura d’Italia, progettati in grande, ben oltre i bisogni immediati di una piccola comunità, per diventare un polo di eccellenza internazionale di studi universitari e post universitari sulla sismica e la difesa della vita di chi abita in aree sismiche, del quale ad oggi si sono perse le tracce.
Perché è difficile, nel nostro Paese, mantenere alto il fuoco dell’interesse e della passione, delle motivazioni che sembrano chiare ed evidenti alla luce dell’emozione immediata, ma non trovano poi le volontà che le facciano durare nel tempo.
Per questo, credo, un decennale come quello di quest’anno è occasione da usare per fare il punto, per tirare un bilancio. Ci sono piani diversi, da tenere in considerazione.
Il primo è quello della vita quotidiana di una comunità che ha trovato nuovi spazi, nuove strutture, nuovi ambienti per vivere.
Su questo terreno San Giuliano rappresenta un caso che credo sia importante studiare anche oggi, perché ogni possibile sforzo per ricreare condizioni di vita accettabili, buone, è stato compiuto, grazie all’impegno dello Stato e alla generosità degli italiani, che hanno permesso di costruire e ricostruire quanto era necessario per aprire una strada di futuro al paese.
Poi c’è il piano di programmi e dei progetti immaginati allora e nei mesi e negli anni a ridosso della tragedia, che certamente hanno dovuto fare i conti con ciò che è accaduto all’Italia negli anni seguenti, fino alla crisi di questi ultimi anni e alle sue drammatiche e non ancora risolte conseguenze. Ma non c’è crisi che possa impedire un riesame preciso e onesto di ciò che si è fatto e di ciò che si sarebbe potuto fare, a San Giuliano come in tutto il Paese, per mettere a frutto la lezione di dolore che da questa terra ha raggiunto tutti gli italiani, le persone, le famiglie, le Istituzioni.
C’è, infine, il piano della vita della gente di San Giuliano, c’è la sfida che riguarda l’intera comunità ed ogni singola famiglia, che riguarda il difficile equilibrio tra lo spazio assegnato alla memoria e la capacità di tornare ad essere protagonisti in pienezza della vita che ogni giorno va affrontata con le sue difficoltà e opportunità sempre nuove.
Mi auguro che sia questo il livello che si scelga di dare senso alla celebrazione del decennale. Credo sia ancora necessario, per chi ha vissuto quella tragedia e per tutti coloro che l’hanno seguita con emozione e spirito di partecipazione, tornare ad ascoltare da San Giuliano una voce che sappia raggiungere le note della speranza, della vita ripresa, della memoria che non è più lamento soltanto, ma spinta a trovare comunque, lottando, faticando, percorsi di futuro e di senso.
Ho girato tante volte tra le tombe del piccolo cimitero del paese, anche da solo. Ne sono uscito, ogni volta, con il desiderio di incontrare chi se ne prende cura fino a farne un piccolo monumento all’affetto , per dire e ricordare anche a me stesso, ogni volta, che la memoria non può essere solo ricordo e rimpianto, ma deve, chiede di farsi protagonista e testimone di impegno, di attenzione, di solidarietà con quanti corrono i medesimi rischi in Italia e in giro per il mondo.
Con me hanno lavorato per anni persone che mi hanno sempre ricordato di aver capito il senso del loro lavoro in Protezione Civile proprio a San Giuliano.
Mi aspetto che nel decennale di quella tragedia la memoria di quanti hanno vissuto e patito quel dramma sappia tornare ad essere voce che ammaestra, che chiama a confronto, che aiuta tutti a scendere più in profondità per ascoltare con il cuore e la volontà.
La memoria, non solo il ricordo, che soltanto da San Giuliano può dar voce, in amicizia e speranza, a chi non c’è più, per diventare la voce degli Angeli.
Sono con voi. Vostro
Guido Bertolaso