Banche, fuggi fuggi dai Comuni della provincia dell’Aquila

di Marianna Gianforte | 21 Novembre 2022 @ 06:09 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – Se le banche non fanno più…le banche. In un mondo sempre più digitalizzato e dominato dal profitto, dal rating, dal guadagno, dal produrre utili a tutti costi, anche la fuga degli istituti di credito contribuisce a impoverire i territori, a togliere forza alle comunità, soprattutto a quelle più piccole e montane che non hanno la possibilità di fruire di un servizio sociale fondamentale. Nella provincia dell’Aquila, secondo i dati della Banca d’Italia, solo 3 Comuni su 10 hanno almeno una filiale di un istituto bancario: il contrario di quanto avviene nel resto d’Italia, dove le banche sono presenti in due Comuni su tre. Proprio il 2020 è stato un annus horribilis (e non c’entra niente la pandemia): in 5 Comuni gli istituti finanziari hanno abbassato le saracinesche. Ad analizzare la situazione e lo stato di salute del sistema bancario locale è il segretario provinciale Fisac Cgil dell’Aquila Luca Copersini, che elabora i report annuali insieme al segretario generale Cdlt della Cgil aquilana Francesco Marrelli.

Anche a livello regionale i dati relativi al 2020 sono in controtendenza rispetto al resto del Paese: mentre in Italia il numero di Comuni senza banche scende del 2,27% in un anno, il dato abruzzese vede una riduzione doppia, -4,54% con un taglio di 7 comuni. Di questi sette, ben cinque sono Comuni  nella provincia dell’Aquila, che quindi vede un calo di oltre il 13% nel numero di località servite da banche. Nel 2020 la percentuale di filiali chiuse nella provincia dell’Aquila è stata altissima, quasi il triplo rispetto al dato nazionale, con oltre l’11% di chiusure in un solo anno. Un crollo che colpisce, naturalmente, anche comparto del personale bancario: nel 2020 la provincia dell’Aquila è stata la più colpita in Abruzzo, (-6,6%, anche in questo caso un andamento triplo rispetto alla media nazionale). Un anno dopo, nel 2021, nel resto d’Abruzzo il taglio degli istituti bancari è stato davvero pesante: oltre un Comune abruzzese ogni 10 ha visto la propria filiale di riferimento abbassare le saracinesche per sempre.

Inoltre, negli ultimi anni si assiste, evidenzia il sindacalista, a un rapido abbandono del Centro-Sud da parte dei grandi istituti: “Ormai il 40% di tutti gli sportelli bancari è concentrato in solo 3 regioni, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto – dice Copersini -. Sappiamo per certo che quanto più chi deve concedere credito si allontana da un territorio, tanto più il rubinetto dei finanziamenti tende a chiudersi. Sono considerazioni che abbiamo fatto più volte, ma adesso si vedono in concreto gli effetti sul territorio”.

“Da molto tempo lanciamo l’allarme e cerchiamo di spiegare cosa significhi che sempre meno banche decidano di investire sul nostro territorio – spiega Copersini -. Abbiamo provato a far capire che meno sportelli significa meno credito. Ma nessuno sembra preoccuparsene, specie i politici locali. Come se il problema non esistesse. Nel frattempo le banche continuano, però, a utilizzare i fondi pubblici esclusivamente per i loro interessi, senza alcun beneficio per la collettività. L’ultimo esempio arriva dai fondi messi a disposizione dalla Stato subito dopo le chiusure dovute all’emergenza sanitaria, a garanzia di crediti che avrebbero dovuto rilanciare l’economia e, dunque, le imprese, dopo i gravi danni causati da mesi di inattività. I numeri sono incredibili: in Abruzzo sono stati erogati finanziamenti interamente garantiti da fondi pubblici per 1.463 milioni: il 98,5% di questi fondi non è arrivato alle imprese, ma è stato utilizzato dalle banche per compensare la stretta creditizia e acquisire garanzie su prestiti già esistenti. Solo la miseria di 22 milioni è andata a finanziare effettivamente l’economia abruzzese (dati tratti dal report ‘Il credito bancario in Abruzzo nel 2021’ redatto da Aldo Ronci per il Cna).

Per quanto riguarda L’Aquila, c’è un altro aspetto che dovrebbe allarmare ma che, invece, sta passando inosservato: il dilagare dell’usura. Perché laddove manca il credito istituzionale, prendono spazio gli approfittatori. “L’Aquila è il terzo capoluogo di provincia in Italia per il reato di usura – spiega Copersini – nonostante tutti i rapporti (come quello del ministaro dell’Interno, ndr) la presentino come una città dalla bassa incidenza di reati. Un quadro che deve far riflettere sull’importanza di affermare istituti bancari anche nei Comuni più piccoli. Difficile, di fronte a queste cifre, continuare a sostenere che gli Istituti di credito nazionali abbiano a cuore l’Abruzzo”.

C’è un altro fenomeno che assilla le banche: quello delle pressioni commerciali dei dirigenti nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici. Lo spiega Copersini: 

 

 

 


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