di Enrica Centi – E’ giusto o non è giusto liquidare l’Accademia dell’Immagine? Ardua impresa prendere questa decisione a pochi giorni dall’annunciata liquidazione decisa durante l’assemblea dei Soci, svoltasi a palazzo Silone. “Liquidare” come sinonimo di “accertare, calcolare, definire” o forse nel senso di “dare via, svendere, concludere”?
La risposta in realtà non tarderà ad arrivare. I soci paritari dell’Accademia sono quattro, ma ognuno sembra dare una propria interpretazione: l’Istituto cinematografico “La Lanterna Magica”, la Regione Abruzzo, la Provincia dell’Aquila e il Comune dell’Aquila hanno affidato all’avvocato Luca Bruno, in qualità di liquidatore, il compito di verificare i conti entro il 30 settembre anche se non risultano bilanci presentati dal 2009.
Ma arriva la doccia fredda. Il presidente della Lanterna Magica, Carlo Di Stanislao, che si stupisce nell’ «apprendere solo ora quanto il sindaco sia adirato per la decisione presa dai restanti membri», afferma che l’assemblea dei Soci, convocata dal presidente Chiodi per decidere le sorti dell’Accademia, «si è svolta in un clima di serenità, si è dialogato tranquillamente e ognuno, esprimendosi con un voto che è arrivato solo dopo meno di due ore dall’apertura dell’assemblea, ha tratto le proprie conclusioni».
Stando alle ultime dichiarazioni certo non si direbbe che il clima dell’incontro sia stato dei più pacifici. Contrariamente ai presupposti iniziali, molto poco belligeranti, da qualche giorno infuria una battaglia a colpi di sferzate taglienti e, all’accusa di Chiodi «di una gestione dell’Accademia clientelare e dissipatrice», fa subito seguito la risposta al cianuro del sindaco Cialente, «Chiodi è rimasto sempre e solo il sindaco di Teramo e non essendosi mai sentito il presidente della Regione, si è accanito con fastidio e con disprezzo, assecondando le più turpi manovre di sciacallaggio. Sì, di sciacallaggio.»
Nulla da dire sul confronto d’opinione (o forse politico?), palese espressione del voto discorde pronunciato sulla liquidazione. Certo è, che stando a quanto si legge dalle dichiarazioni di Chiodi e nella nota del Sindaco, la vicenda dell’Accademia ha fatto riemergere antichi dissapori che, in campagna elettorale, tornano sempre utili.
E quando Di Stanislao afferma che «nessuno si è mai assunto una vera responsabilità di controllo», lo fa riferendosi a tutti e quattro i soci, nella convinzione però che «la responsabilità economica, con la mancata erogazione di un milione di euro, sia da attribuire principalmente alla Regione».
«Ammettiamolo, è dal 2009 che l’Accademia è chiusa – continua – e a settembre non voglio sentir parlare nessuno di loro. Ho votato a favore della liquidazione perché ritengo che un elemento esterno sia indispensabile, nonché previsto dalla legge, per capire cosa sia realmente successo e perché. Mi si chiede a quanto ammontino i debiti e se ci siano realmente. Non ne ho la minima idea. È tutto un “si dice che”, ma in concreto non ho un documento in mano. Si vocifera che sia stato acquisito tutto dalla Guardia di Finanza, ma anche questo, come vede, è uno dei tanti “si dice”».
A Di Stanislao sembra importare soltanto di una cosa: «avere le idee più chiare per restituire un futuro a questa importante realtà aquilana, nella convinzione che l’Accademia ripartirà».
Non si può negare, per arrivare a una liquidazione, che di errori in passato se ne sono commessi un bel po’. Forse sarebbe stato più salutare, per una istituzione già da tempo cagionevole come l’Accademia, non escludere una fusione con l’Università. Ma a suo tempo, per come si era prospettata nel 2000, non è stato fatto e, ancor peggio, non se ne conoscono neppure i responsabili.
Agli aquilani non resta che attendere settembre.