IL CENTRO, IL VOLTO SANTO DI D’ALFONSO
Dopo la vittoria a mani basse di Luciano D’Alfonso (76% dei voti alle primarie del PD) Il Centro benedice subito il candidato alla regione del centro sinistra informando gli abruzzesi della sua visita al Volto Santo di Manoppello. Un pellegrinaggio non troppo faticoso, visto che D’Alfonso è originario proprio dal piccolo paesino dell’hinterland pescarese. Una doverosa preghiera alla madonna prima dell’esito delle urne. “Come faccio sempre in queste occasioni impegnative, anche perché ho bisogno di rigenerare la mia condizione di stanchezza”, spiega testualmente al cronista de Il Centro probabilmente più attento a beatificare l’immagine di big Luciano che a dare un senso concreto alle sue parole. Dopo tutto D’Alfonso ha caratterizzato la sua campagna per le primarie- contro avversari inesistenti- con comizi dove di concreto non dice nulla, ma lo dice benissimo come solo un buon politico italiano sa fare.
“Noi vogliamo inaugurare un’altra stagione che realizzi una ‘Regione ovunque’- proclamava D’Alfonso solo qualche giorno fa- Una Regione alleata con chiunque ha un progetto di vita: persona, impresa o territorio.” Artifici verbali troppo belli per preoccuparsi di darne un senso.
“Sara’ una Regione che si fara’ toccare con mano, piu’ facile, piu’ veloce, piu’ comoda, piu’ premurosa e piu’ bella. Finalmente- prometteva sempre Lucianone- si insediera’ il regionalismo, cosa che l’Abruzzo non ha mai conosciuto. Cosa ha sbagliato fino ad ora l’Abruzzo? Il minimalismo.” Quindi regionalismo contro minimalismo è l’immaginifica sfida con la quale è riuscito a vincere le primarie. Una sfida talmente aleatoria che solo il Pd dell’Aquila, certificando il risultato che tutti davano per scontato, riesce oggi a stupirsene: “straordinaria affermazione di Luciano D’Alfonso nelle Primarie per la scelta del candidato alla Presidenza della Regione”.
Evidentemente nel Pd, come ai supporter nella redazione de Il Centro, per arrivare a scrivere certe cose, si devono essere convinti che, con Luciano D’Alfonso candidato, non si può bluffare fino a metà e poi dire la verità. Bisogna essere pronti ad esporsi al peggior rischio possibile: il rischio di apparire ridicoli.
LA STAMPA: D’ALFONSO? “UN PO’ SCAJOLA, UN PO’ COSENTINO”
Anche la Stampa di Torino ha deciso oggi di occuparsi del “caso” D’Alfonso. Ma in un modo decisamente meno curiale dei colleghi giornalisti abruzzesi.
“Sei anni dopo e senza aspettare il processo d’Appello, l’ex sindaco di Pescara, arrestato per mazzette e assolto in primo grado, ritenendo di essere stato a lungo in panchina, ha deciso di scendere in campo di nuovo, e il suo partito, il Pd di Matteo Renzi, ha approvato la sua candidatura. All’orizzonte, insomma, mentre non si è ancora spenta la polemica sui 4 sottosegretari e yice ministri Pd indagati, si prospetta un bis del caso-Barracciu, la candidata alle regionali sarde costretta al ritiro all’ultimo momento. In realtà, nello stesso Pd abruzzese non tutti hanno condiviso questa scelta.”
C’è un passaggio del ricorso del pm Gennaro Varrone contro l’assoluzione dell’ex sindaco che fa riflettere:
“Tutto il processo gronda di richieste e dazioni di denaro, di torbidità delle condotte amministrative e soprattutto di deliberata opacità di quelle personali che il pm ha evidenziato non per censura morale ma perché esse sono spiegabili soltanto con la necessità di occultare illeciti”.
Per il pm è incomprensibile che non sia ritenuto censurabile
“un sindaco che si reca in banca a versare mazzette di banconote per migliaia e migliaia di euro, o che esegua acquisti in contanti per svariate decine di migliaia di euro senza alcun prelievo da rapporti bancari”.
Ma, come si sa, questo è il politico “capace di vivere a costo zero” (dixit pm Varone), anche se per i giudici che l’hanno assolto, le migliaia di euro avute in regalo dall’imprenditore Carlo Toto, “avrebbero spiegazioni nei rapporti personali pregressi (datati) e costituirebbero, conseguentemente, mere donazioni in spirito di amicizia”.
Un po’ Scajola (assolto anche lui, per la casa al Colosseo pagata a sua insaputa e si può immaginare per spirito di amicizia), un po’ Nicola Cosentino (per la capacità di relazioni col territorio). D’Alfonso dovrà adesso vedersela con il candidato dei 5 Stelle e un’opinione pubblica che mal digerisce che un sindaco possa avere in regalo da un imprenditore che vince un appalto comunale per i parcheggi a pagamento (poi revocato), “voli, innumerevoli, e costosi per decine di migliaia di euro che i Toto hanno offerto a D’Alfonso e ai suoi famigliari. E le vacanze diverse e costose con pagamento di viaggio, vitto e alloggio”. Dalle Mauritius a Londra, dalla Svizzera a Malta, a Venezia e Santiago de Compostela.”
IL FATTO: “D’ALFONSO VINCE LE PRIMARIE FARSA”
Affatto intimidito dalle recenti minacce di denunce e querele avute da D’Alfonso, anche Il Fatto Quotidiano torna oggi a scrivere dell’ex sindaco di Pescara delle primarie “farsa” del centro sinistra.
“Ho fatto un grande lavoro, sono abituato a confrontarmi con la democrazia, ma non posso dire di aver vinto: aspetto i risultati definitivi”.
D’Alfonso è molto cauto a rilasciare dichiarazioni e vendere fumo direttamente al giornalista “pornografico” de Il Fatto Antonio Massari, che infatti scrive di seguito nell’articolo: “In realtà – alle 21,30 – Luciano D’Alfonso sa bene di avere la vittoria in tasca: viaggia tra il 75 e 80 per cento delle preferenze. Che la sua vittoria sia scontata, si intuisce facilmente avvicinandosi alle urne: “Sono qui dalle 9 del mattino” dice la signora Paola nel cortile di via Piave. Nel corso si consumano gli ultimi istanti di shopping, si riempiono i tavolini per l’aperitivo serale, e alle 19.30 la scaletta che porta nella sede di Sel brulica degli ultimi elettori.
“Siamo arrivati”, dice una coppia sulla sessantina, e la signora appostata nel cortile ribatte: “Finalmente… mi raccomando…”. La raccomandazione non riguarda D’Alfonso: “Alessandrini, eh… mi raccomando!”. “E D’Alfonso?”, chiediamo. “Luciano? Ma Luciano…”. “E con Luciano non c’è partita…”, completa la risposta un signore, in attesa della consorte. Come dire: la signora è qui dalle 9 del mattino per spingere l’unica vera battaglia elettorale di queste primarie, quella per candidarsi a sindaco di Pescara, che vede Marco Alessandrini – figlio di Emilio, il giudice assassinato nel 1979 da un commando di Prima Linea – confrontarsi con Antonio Blasioli, Gianni Cordova, Giorgio D’Amico, Moreno Di Pietrantonio e GianniTeodoro. Invece D’Alfonso – ex sindaco di Pescara e presidente di Provincia – le primarie le ha già vinte sul nastro di partenza. E il risultato lo dimostra. Non è un caso che alle 17, quasi metà 11mila elettori abbiano votato nel pescarese, 6mila soltanto a Pescara. È qui la battaglia più importante: e fra i tre candidati per la Regione Abruzzo – Franco Caramanico (Sel), Luciano D’Alfonso (Pd) e Alfonso Mascitelli (Idv) – com’era previsto non c’è stata partita.
In serata i 300 seggi abruzzesi iniziano a sfornare i primi dati: “circa 40mila votanti”, dice il Pd, in tutto l’Abruzzo, 8.900 mila a Pescara, D’Alfonso viene incoronato leader del centrosinistra, per sfidare il Presidente Gianni Chiodi. Imputato il primo, indagato il secondo – per truffa, peculato e falso ideologico nell’inchiesta sui rimborsi del Consiglio regionale. E così, dopo la gestione di Ottaviano Del Turco, arrestato nel luglio 2008 e poi condannato a 9 anni e sei mesi per corruzione, la guida della Regione sembra destinata ancora a politici coinvolti in indagini giudiziarie. L’uomo che affronterà Chiodi, infatti, dovrà affrontare un processo d’appello per l’inchiesta Housework, che l’ha visto arrestato nel dicembre 2008, poi assolto in primo grado, prima che il pm Gennaro Varone ricorresse in appello: D’Alfonso è accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Prescritte invece le accuse, in altri procedimenti, di corruzione e finanziamento illecito dei partiti.
È lui l’uomo del centrosinistra, il cavallo vincente del Pd che, oltre questa vittoria schiacciante, può vantare un altro record: l’utilizzo più basso di bancomat nel quinquennio 2003/2008. Spendeva poco, depositava molto, e con lui tutta la famiglia, inclusa moglie, genitori e fratello Alcide: uno stile di vita che per la procura è “compatibile soltanto con l’esistenza di entrate extra-contabili”. D’altronde D’Alfonso poteva contare sulla grande amicizia – disinteressata, secondo i giudici di primo grado – di Carlo Toto, costruttore ed ex patron di Air One, che gli pagava viaggi in giro per il mondo e poi s’aggiudicava – come unico concorrente – la gara per realizzare e gestire dei parcheggi a pagamento a Pescara, anche se l’appalto fu poi revocato e chiuso consensualmente.”