Si chiama legge Pinto, dal nome del suo relatore, ed è lo strumento che consente di richiedere un’equa riparazione per il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito a causa dell’irragionevole durata di un processo. In Abruzzo, negli ultimi quattro mesi, in base alla legge Pinto il Tar ha accolto 21 ricorsi presentati da altrettanti cittadini che si sono visti privare del loro diritto a un processo «civile», nel senso della durata. L’ammontare complessivo dei risarcimenti è di poco superiore ai 170mila euro. Niente male, considerando che la somma si riferisce a un solo quadrimestre. Moltiplicata per tre fa salire a 510mila euro l’ammontare annuo delle somme che lo Stato, mediamente, deve sborsare per una regione piccola come l’Abruzzo (un milione e duecentomila abitanti), perché la giustizia non riesce a fare il suo lavoro in un tempo accettabile. Sarebbe semplice, sulla scorta di un’equazione matematica, calcolare cosa accade su scala su scala nazionale, elaborando un modello statisticamente significativo, ma non è questa la sede, ed è altrettanto facile immaginare che, certamente, deve trattarsi di una bella spesa per le casse pubbliche. E poi non ci sono i soldi per la sanità, le imprese, i giovani.
A stabilire la ragionevolezza della durata di un processo, al di là di come andrà a finire, è la Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo la quale non andrebbero mai superati i tre anni per ogni grado di giudizio. Un tempo, fissato in nove anni complessivi, che non può certo essere considerato breve. Evidentemente, per i 21 cittadini finiti nelle maglie della giustizia, il parametro già abbastanza «permissivo», non è stato rispettato.
I risarcimenti sono stati riconosciuti a Mauro Citeroni (7000 euro), Stefano Bel Fiore (7000), Rita Canullo (9500), Antonio Ranucci (6250), Mirella Fedeli (9250), Luciano Luciani (3250), Emanuele Storani (4750), Emiliano Sabbatini (10mila), Anna Maria Pelucchini Ricciutelli (3250), Michele Orecchioni (5000), Giovanni Piccinini (7000), Rossano Rossi (3150), Pierino Bellesi (14250), Antonio Santini, Vincenzo Rossi e Alessandro Marini (per complessivi 36750 euro), Michael Kerry McGregor (erede di Marcella Paladini, 27mila euro), Alessandro Esposito (3150), Isarema Margherita Cioni (240) e Carlo Bartola (4900).
Tutti avevano proposto un’istanza contro i ministeri delle finanze e della giustizia perché, nonostante il decreto passato in giudicato emesso dalla Corte d’appello dell’Aquila che imponeva di risarcire i ricorrenti, i due dicasteri continuavano, come si suol dire, a fare orecchie da mercante. C’è voluto, quindi, un nuovo ricorso affinché i 21 cittadini, già vessati dalle lungaggini del primo, infinito processo, riuscissero finalmente ad avere un po’ di «giustizia».
Il Tar Abruzzo (sezione dell’Aquila), oltre a stabilire il termine di un mese di tempo per adempiere al giudicato, ha anche nominato un commissario ad acta nel caso di ulteriore inerzia dei due ministeri. I giudici amministrativi hanno riconosciuto ai 21 ricorrenti anche il diritto a essere rimborsati delle spese sostenute per l’ulteriore giudizio, oltre al tasso legale delle somme alle quali avevano diritto ma che sono state versate con notevole ritardo.
di Angela Baglione, Il Tempo