
di Anna Maria Colonna – Il lago è una tavola. I riflessi del sole si specchiano nell’acqua come se stessero toccando la punta del cielo. A distanza di due mesi mi ritrovo a scrivere di lui. L’ho rivisto, ma è stato un attimo. Il tempo di salutarlo prima di tornare in Puglia. Non potevo partire così, senza affacciarmi su quell’incanto blu cobalto. Da togliere il fiato. Il telo giallo è ancora sulla riva. Nei ricordi dell’estate appena trascorsa. E gruppi di pescatori chiacchierano in attesa di veder danzare la canna. Il suono lento delle ondicelle che lavano la roccia si mescola con la voce delle montagne. Abruzzo, incontro casuale che riesce a rapirmi ogni volta che sono in questa regione. Con la valigia in una mano e i sogni nell’altra.
Qualche fiore spunta tra le pietre. Un soffione si fa notare mentre penzola nel vento. E le nuvole, a tratti, coprono la luce per dare spazio alle sfumature della terra. Sono a circa1400 metri d’altezza, davanti al più grande lago artificiale dell’Abruzzo, nel cuore del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Da L’Aquila a Campotosto il tratto non è lungo. Basta mettersi in macchina, accendere lo stereo, guardare ogni tanto il panorama e il gioco è fatto. In inverno sembra che il lago diventi una lastra di ghiaccio. Fa da finestra a tre paesi. Campotosto, dai suoi1420 metri, è il secondo Comune più alto d’Abruzzo. Poi ci sono le sue due frazioni, Mascioni e Poggio Cancelli.
Resto senza parole davanti allo specchio d’acqua. Lo chiamano il «fiordo del Parco». E mi lascio prendere in giro da chi, abituato a queste meraviglie, si stupisce del mio stupore. Il secondo incontro con il lago è silenzioso. Autunnale. In estate le voci dei turisti e dei bagnanti coprono quelle della natura. Ma novembre lascia parlare gli alberi, il vento, le vette. L’acqua. Cristallina. Ancora più limpida. Non resisto e provo a misurarne con i piedi la temperatura. Troppo fredda.

Il ponte stradale che sostituisce quello vecchio delle Stecche riesce a bagnare i suoi «piedi» nel lago per tutto l’anno. Sento profumo di arrosticini e di aria buona. Le nuvole iniziano ad infittirsi, fanno da sciarpa alle vette. Succede spesso in Abruzzo e per me resta sempre uno spettacolo affascinante. Da guardare. Qualcuno propone di «salire» in paese. Non me lo faccio ripetere due volte. Piazza degli eroi è piccola, sembra di stare in famiglia. Si conoscono tutti e davanti al bar il gioco delle carte fa da padrone.
Piazza degli eroi è piccola, sembra di stare in famiglia. Si conoscono tutti e davanti al bar il gioco delle carte fa da padrone.
Campotosto accoglie circa 800 abitanti e rientra nella Comunità montana amiternina. L’ospitalità abruzzese non si fa attendere e qualcuno nota volti nuovi. Non possiamo andar via senza assaggiare la famosa mortadella locale e un pezzo di focaccia ripiena.

È sera quando torno a Sulmona (Aq). Percorro corso Ovidio ripensando alla giornata. Ai momenti indimenticabili che l’Abruzzo regala. Mi domando se basterà una valigia a contenerli tutti. Magari ne riempirò due e le terrò vuote per quando la vita riporterà qui i miei passi.