“Un’operazione immobiliare bella e buona, con i soldi del terremoto dirottati in riva al mare e con la «maschera» di una importante funzione sociale: trasformare appartamenti in centri antiviolenza e di supporto per le donne.”
“Lo sostiene la Corte dei Conti abruzzese – come pubblicato oggi dal Messaggero in un articolo di Stefano Dascoli – che a fine 2012 ha stoppato il maxi progetto da 1,5 milioni di euro proposto dalla Diocesi dell’Aquila. Si tratta di una tranche dei fondi messi a disposizione nel 2009, dopo il terremoto, dall’allora ministro Mara Carfagna, con l’intento di ripristinare le strutture per le donne. L’altra metà (1,5 milioni) è finita, senza mai essere spesa, nelle mani della consigliera regionale di Pari opportunità, Letizia Marinelli, la donna nella bufera per aver trascorso una notte con il governatore Gianni Chiodi in un hotel di Roma. Avrebbe dovuto promuovere la realizzazione di un «centro poliedrico» per le donne. In totale, dunque, tre milioni di euro stanziati quasi cinque anni fa e non utilizzati.
C’è uno scandalo nello scandalo, dunque, nell’Abruzzo sfregiato dall’ultima inchiesta che riguarda i politici regionali su rimborsi gonfiati, hotel di lusso, bella vita e amanti. Lo scandalo di strutture sociali di primaria importanza, come i centri antiviolenza, abbandonati alle macerie o addirittura «usati» come specchio per le allodole per tentare acrobatiche operazioni immobiliari. Come pare evidente dal progetto «Samaria – in rete per una nuova vita», 1,5 milioni di euro che, secondo l’ordinanza 3978 firmata da Berlusconi l’8 novembre 2011, doveva servire a «favorire la ripresa delle attività di sostegno delle donne e delle madri in situazioni di difficoltà».
A quel punto l’allora commissario per la Ricostruzione, Gianni Chiodi, l’attuale governatore in scadenza di mandato e sotto inchiesta per la storia dei rimborsi, emana un decreto attuativo (il 134 dell’agosto 2012) che sblocca i fondi. Si scopre, così, che la Diocesi dell’Aquila non diventa un soggetto di cui il commissario poteva semplicemente «avvalersi», delegando funzioni, ma la protagonista di un’operazione immobiliare: propone l’acquisto di un appartamento all’Aquila, in via Fonte Burri, per 352 mila euro, da destinare a centro antiviolenza e chiede 602 mila euro per completare i lavori in un edificio a Pescara, di proprietà della Fondazione Pescara Abruzzo, concesso in comodato d’uso alla Fondazione Caritas. Insomma: i soldi del sisma dirottati dove il sisma si è solo avvertito, in riva al mare. Un paradosso non da poco.
Il vescovo ausiliare dell’Aquila, Giovanni D’Ercole, ha ricordi sfumati della vicenda, per non averla seguita da vicino (l’allora vescovo Molinari è stato sostituito di recente da Giuseppe Petrocchi): «La Diocesi si limitò a proporre ciò che aveva indicato Caritas». Protagonista, quest’ultima, della costruzione di diverse strutture nel post sisma. Fatto sta che la Corte dei Conti (che ieri ha aperto un’indagine anche sulla mancata riscossione dei canoni d’affitto e delle utenze nelle new town) ha stroncato qualsiasi velleità: le norme «individuano l’Arcidiocesi come potenziale assegnatario del servizio di sostegno alle donne e madri in difficoltà, ma ciò non può comportare l’acquisto in proprietà o la realizzazione di lavori su immobili altrui». Elargire oltre 950 mila euro per le due operazioni, insomma, «avrebbe avuto la connotazione di un contributo in conto capitale». Cioè a fondo perduto. Decisamente troppo nella regione che si affanna a dimostrare la legittimità di ogni singolo euro speso per ricostruire”.
