2 febbraio 1703, simboli di due terremoti: il Suffragio e le altre
di Alessio Ludovici | 02 Febbraio 2022 @ 12:21 | RACCONTANDO
L’AQUILA – Per onorare le vittime del grande terremoto del 2 febbraio 1703 nella chiesa del Suffragio, detta delle Anime Sante, si celebrerà una speciale messa, alle ore 18,00, in suffragio delle migliaia di vittime di quel giorno.
Simbolo di due terremoti la chiesa del Suffragio. Di quello del 1703 e di quello del 2009. Dieci anni dopo quel 2 febbraio infatti cominciò la costruzione della grande chiesa che diventerà il simbolo della ricostruzione settecentesca della città. Ma anche simbolo del dramma del 2009, con la grande cupola gravemente compromessa, le Tv di tutto il mondo puntate su di essa, e simbolo quindi della rinascita della città e delle sue bellezze dopo il restauro della chiesa e della cupola del Valadier.
Due mattinate di sole che hanno segnato profondamente l’aspetto e l’anima della città.
“A 2 febbraio giorno, giorno di venerdì e festa della Candelora, il tempo era bello, sereno, splendido ed assai più caldo di quello la stagione comportasse” si scriverà nelle cronache di più di un secolo dopo nel volume La Città de L’Aquila e le sue vicende storiche. “All’ora della messa solenne, verso le dieci del mattino, la gente s’accalcava nelle chiese e specialmente nella basilica di San Domenico ove un pio, ma poco accorto, frate dell’ordine dei predicatori aveva chiamato a devoti consigliato di fare una comunione generale. Nel meglio delle sacre funzioni, e precisamente alle ore diciotto, un trenta minuti prima del mezzogiorno, una nuova più intesa e più lunga scossa rovinò in pochi istanti poco meno che l’intera città.”
Ancora: “Il fremito della terra, il precipizio delle fabbriche, le grida e i lamenti delle fabbriche, e la luce del sole rimasa offuscata per due ore posero tutto in scompiglio ed attraverso al polverio de calcinacci non si vedevano che ruine di chiese e di palazzi. Tutti coloro che si salvarono ebbero a piangere la morte di congiunti”. E si racconta ancora di come in mezzo all'”afa opprimente d’un caldo straordinario ed eccessivo” si assiste al “vedere aggirarsi, come spettri, fra i ruderi cadenti, i fanciulli smarriti”.
Non mancano le polemiche post sisma del 1703, soprattutto per l’impreparazione della città, ed in particolare in comparazione al gran fervore a cui invece si assistette prima del sisma del 1463. Allora, memori dei gravi sismi del Trecento, la città aveva attivato tutta una serie di azioni preventive, sia nella costruzione degli edifici sia per affrontare una eventuale emergenza, con la predisposizione di tende ad esempio. Sull’edilizia antisismica del ‘400 è stato l’architetto D’Antonio a ricostruire tecniche e strumenti dell’epoca, di assoluta avanguardia. Tipiche e in parte ancora visibili o comunque parte della memoria fotografia recente, le tecniche per evitare il ribaltamento delle pareti verso l’esterno, grazie a contrafforti o archi nei vicoli più stretti.
Corsi e ricorsi storici per una città che con i sismi convive da sempre e continuerà a farlo. E’ anche questo il senso della memoria.