007 spiano gli spazzini dell’Asm, scoperti 15 “infedeli”

di Mariangela Speranza | 05 Marzo 2020 @ 06:30 | ATTUALITA'
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L’AQUILA – Dipendenti pedinati e controllati da alcuni investigatori privati ingaggiati dall’azienda per scovare i “furbetti”, che magari trascorrevano il tempo al bar anziché a lavorare.

È quello che è successo all’Asm, l’azienda della raccolta dei rifiuti del Comune dell’Aquila, che nei mesi scorsi, in questo modo, avrebbe scovato una quindicina di presunti furbetti, sanzionati attraverso lettere di richiamo, sanzioni e altri provvedimenti, adottati a seconda della gravità della trasgressione.

Sul caso viene mantenuto il più stretto riserbo da parte dell’azienda, dall’agosto scorso guidata da Lanfranco Massimi.

“Qualsiasi amministratore arriva alla guida dell’azienda se la prende con gli operai”, dice a L’Aquila Blog Elia Serpetti, dipendente Asm e consigliere comunale del Passo possibile (lista civica di centrosinistra), “ma nessuno si preoccupa dell’adeguatezza dei mezzi, se sono a norma o meno, se le raccolta porta a porta dei rifiuti va fatta in un modo piuttosto che in un altro. Nessuno si preoccupa mai degli operatori, in questa situazione di psicosi da Coronavirus, ad esempio, qualcuno si è preoccupato di loro?”.

“Stupore” viene espresso dal sindacato Ugl, che con il segretario provinciale Roberto Bussolotti dice che “per le sanzioni disciplinari, anche marcate, non sono state fornite le prove di quanto contestato, ci sono stati dei rilievi ma non si sa chi abbia raccolto le prove”.

Più duro Primo Cipriani, segretario regionale Uil Trasporti e dipendente dell’azienda: “Quando ci hanno detto di essere pedinati pensavo di stare su Scherzi a parte, ritengo che l’azienda sia seria, è un atto che riteniamo grave”, dice.

“Saranno le sedi opportune a dirci se quanto è stato fatto è corretto o sbagliato. Siamo rammaricati perché l’azienda è strutturata”, aggiunge, facendo osservare come molti operatori ecologici utilizzano i bar anche per usufruire dei servizi igienici.

Almeno alcuni dei dipendenti finiti nel mirino, secondo quanto appreso hanno fatto ricorso al giudice del lavoro.


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